Oltre sessanta opere tra dipinti, disegni, documenti e materiali audiovisivi dedicati a Salvador Dalí (1904–1989), genio irriverente e figura chiave del Novecento.
Un progetto ambizioso che ripercorre l’intera traiettoria creativa dell’artista catalano, mettendo al centro la tensione tra spirito rivoluzionario e radicamento nella grande tradizione della storia dell’arte. L'esposizione è ospitata a Palazzo Cipolla fino al 1° febbraio 2026.
Tutta la parabola artistica di Dalí è attraversata da una dialettica profonda, quasi drammatica, tra due poli apparentemente inconciliabili: la rivoluzione e la tradizione. È proprio questa tensione a costituire la cifra più autentica della sua opera. Da un lato, l’adesione esplosiva alle avanguardie storiche: cubismo, dadaismo, surrealismo, dall’altro, il dialogo costante e sempre più consapevole con i grandi maestri del passato, da Velázquez a Vermeer, fino a Raffaello.
Negli anni della giovinezza Dalí si immerge nei linguaggi più radicali del suo tempo. L’incontro con Pablo Picasso, avvenuto a Parigi nel 1926 e vissuto come un vero pellegrinaggio artistico, segna una svolta decisiva: Picasso diventa insieme modello e antagonista, termine di confronto imprescindibile. Da questa relazione ambivalente nasce il celebre metodo paranoico-critico, con cui Dalí dà forma visiva ai pensieri irrazionali, creando immagini doppie, ambigue, destinate a diventare il suo marchio di fabbrica.
Quando la fama di Dalí come surrealista è ormai consolidata, l’artista sente il bisogno di andare oltre. Negli anni Quaranta e Cinquanta proclama apertamente il desiderio di “diventare classico”. Non si tratta di un ritorno nostalgico, ma di una nuova sfida intellettuale: studiare con rigore i grandi maestri europei per rileggerli alla luce della modernità, della scienza e della spiritualità contemporanea.
Nasce così una riflessione teorica che culmina nel trattato 50 segreti magici per dipingere (1948), le cui illustrazioni sono esposte per la prima volta in Italia proprio in questa mostra. Con Velázquez, Dalí esplora lo spazio, la luce e l’aria come materia pittorica, arrivando persino a far propri i baffi del maestro spagnolo. Con Vermeer, attraverso la Merlettaia, individua la spirale logaritmica come chiave della sua mistica nucleare, fusione di scienza moderna e spiritualità. Con Raffaello, infine, si confronta con l’idea di perfezione e armonia, rielaborando i temi religiosi in chiave atomica e contemporanea.
Il percorso di Dalí. Rivoluzione e Tradizione, sotto la direzione scientifica di Montse Aguer, Direttrice dei Musei Dalí, e la curatela di Carme Ruiz González e Lucia Moni, si apre con una sezione introduttiva che mette subito in evidenza la dialettica tra sovversione e classicità. Già negli autoritratti giovanili, come Autoritratto con il collo di Raffaello (1921), emerge la volontà di dialogare con i giganti del passato.
La sezione dedicata alla rivoluzione si concentra sul rapporto con le avanguardie e con Picasso, arricchita da documenti, fotografie e opere emblematiche come Tavolo di fronte al mare. Omaggio a Erik Satie (c. 1926) e Figure distese sulla sabbia, immagini sospese tra sogno e coscienza. La seconda parte del percorso è invece dominata dal ritorno alla tradizione: da La perla. L’infanta Margarita d’Austria secondo Velázquez (1981) all’omaggio a Vermeer, fino a La scuola di Atene / El incendio del Borgo (1979), opera stereoscopica che fonde Rinascimento, scienza e visione.
Il racconto è arricchito da materiali documentari, fotografie storiche e rare edizioni originali, tra cui gli scatti di Francesc Català Roca e Juan Gyenes, che ritraggono Dalí immerso nello studio dei suoi maestri, intento a codificare la propria visione pittorica.
Una mostra che invita a riscoprire Dalí non solo come icona surrealista, ma come grande maestro della storia dell’arte, capace di parlare ancora con sorprendente attualità.
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