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lifestyle08 ottobre 2025

Overlanding: l’arte di perdersi con stile

L’overlanding è il viaggio come scelta di vita: libertà, autosufficienza e bellezza essenziale. Ma tra tende, regole e sogni di frontiera, in Italia anche l’avventura chiede il permesso
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C’è chi sogna resort da catalogo e chi preferisce dormire dove il GPS smette di parlare. Gli uni prenotano, gli altri regolano la pressione delle gomme. L’overlanding, oggi, è la versione adulta — e più consapevole — del campeggio, ma anche qualcosa di molto diverso: un modo di viaggiare che ha trasformato l’autonomia in filosofia e la lentezza in arte applicata.

Non si tratta solo di piantare una tenda o di cercare panorami instagrammabili: è un approccio metodico al movimento, dove la destinazione conta meno del percorso e ogni chilometro è un esercizio di indipendenza. L’overlander non cerca l’avventura estrema, ma l’autosufficienza elegante: viaggia con la propria casa, produce la propria energia, conserva l’acqua come se fosse un lusso da intenditori.

Sotto un cielo senza confini, una tenda e un tendalino trasformano la notte in libertà e silenzio assoluto - Crediti: CarCamp Sotto un cielo senza confini, una tenda e un tendalino trasformano la notte in libertà e silenzio assoluto - Crediti: CarCamp

Il suo itinerario non passa per autogrill o autostrade, ma per strade bianche, mulattiere e silenzi. È una pratica off-grid, che non nega la civiltà, semplicemente la sospende. Dorme dove può, spesso sul tetto del proprio veicolo, ma lo fa con la compostezza di chi non campeggia: abita temporaneamente il mondo, senza mai occuparlo.

In Italia, dove ogni prato ha un proprietario e ogni vista lago un regolamento, questo modo di viaggiare diventa quasi un atto letterario. L’overlander è un esploratore burocraticamente tollerato: procede con la pazienza di chi aspetta un’autorizzazione, ma lo fa per un fine poetico. Perché l’obiettivo non è arrivare, bensì restare in viaggio, con un equilibrio perfetto tra metodo e meraviglia. E chi riesce a farlo — senza perdere né la dignità né la patente — scopre un privilegio raro: il tempo. Quel tempo sospeso che non scorre tra check-in e check-out, ma tra un tramonto e la voglia di restare.

Tra roccia e acqua turchese, le tende, i tendalini e gli annex trasformano la sosta in rifugio, fondendo avventura e comfort in perfetto equilibrio naturale - Crediti CarCamp Tra roccia e acqua turchese, le tende, i tendalini e gli annex trasformano la sosta in rifugio, fondendo avventura e comfort in perfetto equilibrio naturale - Crediti CarCamp

La tenda da tetto come metafora

Tutto comincia con una tenda, ma non una qualunque. Le tende da tetto hanno accompagnato esploratori e pendolari urbani con la stessa eleganza, viaggiando su Land Rover e utilitarie senza mai perdere compostezza. In fondo, una tenda da tetto è una dichiarazione di stile: non serve una villa in Costa Smeralda se puoi avere un tetto panoramico sotto le stelle. L’avventura, del resto, è una questione di proporzioni più che di potenza. Tra le tende da tetto si fanno notare per robustezza quelle rigide o a guscio. Eredi del leggendario modello Maggiolina, raccontano una storia italiana di ingegno e precisione. Ogni apertura, ogni cucitura, ogni centimetro di fibra di vetro racchiude una promessa: dormire bene ovunque.

Accanto, altrettanto fondamentali sono i tendalini e gli annex. Questi ultimi moltiplicano gli spazi come un architetto zen: cucine improvvisate, zone d’ombra e piccoli rifugi mobili che si aprono in un gesto. È l’arte di costruire un salotto temporaneo nel deserto, o in riva a un fiume, senza chiedere permesso al vento. In un mondo che misura tutto in giga e follower, l’overlander misura la propria felicità in metri di cielo. Non cerca il comfort totale, ma il giusto equilibrio tra civiltà e selvaggio: un letto asciutto, una tazza calda e la certezza che la libertà, se ben progettata, può essere anche comoda.

Sulla sabbia, una abitativa scarrabile mostra il suo ingegno: abitare ovunque, poi smontare e tornare alla vita di tutti i giorni - Crediti Cellula Pickup Sulla sabbia, una abitativa scarrabile mostra il suo ingegno: abitare ovunque, poi smontare e tornare alla vita di tutti i giorni - Crediti Cellula Pickup

Il corpo del viaggio: meccanica, allestimenti e case mobili

Per chi preferisce viaggiare con un po’ più di comodità, ci sono poi le cellule abitative scarrabili. Sono concepite per rendere un pick-up europeo o americano un piccolo appartamento itinerante. Si montano e smontano in poche ore, si vivono come una casa e si parcheggiano come un ricordo: la libertà, letteralmente, che si può alzare e posare.

I più raffinati, invece, scelgono soluzioni dove l’ingegno incontra il design. Moduli in legno chiaro, montaggio rapido, niente forature: un arredo nomade che trasforma un van commerciale in una stanza luminosa, ordinata, e paradossalmente più accogliente di molti monolocali urbani. Qui ogni dettaglio ha una logica precisa: un tavolo che diventa letto, un vano che nasconde un lavello, una mensola che serve da scala. È la bellezza funzionale dell’essenzialità, l’equilibrio perfetto tra il bisogno e l’idea.

Molle, ammortizzatori e accessori diventano strumenti di libertà: meccanica su misura per chi trasforma la strada in terreno d’avventura - Crediti: La Biella Adventure 4x4 
Molle, ammortizzatori e accessori diventano strumenti di libertà: meccanica su misura per chi trasforma la strada in terreno d’avventura - Crediti: La Biella Adventure 4x4

Dopo la tenda, gli annex, i tendalini, i moduli e un’infinità di altri accessori (fondamentali) arriva la tecnica — quella parte del viaggio che non si racconta nelle foto ma che lo rende possibile. L’overlanding è una faccenda di equilibrio: tra peso e potenza, tra comfort e autonomia. Le sospensioni contano più del costume da bagno, i serbatoi dell’acqua valgono quanto un buon romanzo, e ogni bullone diventa un complice silenzioso.

È qui che entrano in scena realtà che non si limitano a potenziare motori e rialzare assetti: insegnano a capire il proprio mezzo, a leggere il terreno e — cosa non secondaria — a non confondere la libertà con l’imprudenza.

E quando tutto è pronto — la tenda montata, la meccanica messa a punto, i moduli assemblati — non resta che partire. Ma partire davvero, cioè con l’idea che la libertà non è improvvisazione. È preparazione, controllo, rispetto del mezzo e del territorio. Una libertà che chiede conoscenza prima ancora di chiedere strada.

La libertà regolata e l’aiuto della community

La libertà, in Italia, ha sempre bisogno di un permesso, anche quando dorme sotto le stelle. L’overlander lo sa bene: il suo è un Paese dove la parola “campeggio” può valere un verbale, e “sosta” una tolleranza. La distinzione — tanto semplice sulla carta quanto contorta nella pratica — è questa: se il veicolo poggia solo sulle ruote e non sporge oltre la propria sagoma, si parla di sosta; se invece apre tendalini, scalette o tavolini, diventa campeggio. E il campeggio libero, fuori dalle aree attrezzate, è generalmente vietato. Una filosofia di vita che si traduce, burocraticamente, in un balletto di centimetri e interpretazioni.

In mezzo, come sempre, esiste una terra di nessuno: il bivacco notturno, tollerato se discreto e temporaneo. Arrivare al tramonto, ripartire all’alba, non lasciare tracce: un codice d’onore più che una legge scritta, una forma di cortesia verso la natura e verso i sindaci. È una libertà silenziosa, che richiede eleganza più che arroganza.

Una scena da sogno — ma in Italia, dormire così vicini al lago con una tenda da tetto può costare fino a 500 euro di multa - Crediti: CarCamp Una scena da sogno — ma in Italia, dormire così vicini al lago con una tenda da tetto può costare fino a 500 euro di multa - Crediti: CarCamp

Per orientarsi in questa geografia di divieti e concessioni, la bussola non basta più. A guidare gli esploratori contemporanei sono oggi le app e le community digitali: veri atlanti sociali del viaggio lento. Park4Night è la Bibbia non ufficiale del movimento, un catalogo collettivo di luoghi dove sostare in sicurezza, recensiti da chi c’è stato e ha lasciato più briciole digitali che rifiuti. iOverlander raccoglie segnalazioni da tutto il mondo, dal parcheggio con vista mare alle piazzole nel nulla, mentre Komoot suggerisce percorsi fuoristrada calibrati sul mezzo e sulle ambizioni. C’è chi documenta tutto su Polarsteps, trasformando il viaggio in un diario grafico; e chi si affida a gruppi Telegram o forum tematici dove si discute con la passione dei salotti di un tempo, solo con più zanzare e meno gin tonic.

La libertà, insomma, si conquista anche con un certo senso di comunità. Gli overlander italiani, pur sparpagliati per valli e deserti, sono un popolo con regole non scritte: condividere informazioni, rispettare i luoghi, lasciare pulito. Nessuno si proclama “pioniere” — perché in fondo la vera rivoluzione è quella di viaggiare senza disturbare. Così, tra mappe offline e consigli di esperti, la sosta diventa quasi una danza diplomatica: un equilibrio tra desiderio e decoro, tra il bisogno di libertà e l’obbligo del rispetto.

Alla fine, l’overlanding in Italia è una scuola di misura. Ti insegna che non tutto ciò che è possibile è permesso, ma anche che non tutto ciò che è regolato è davvero necessario. E forse è proprio in questa contraddizione che si nasconde il suo fascino: un viaggio lento tra codici, cartelli e cieli sterminati, dove la vera conquista non è arrivare, ma restare — con grazia.

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