Nella cornice austera della ex fabbrica Campolmi, sede del Museo del Tessuto di Prato, la moda torna a essere protagonista.
La mostra “Azzedine Alaïa e Cristóbal Balenciaga. Scultori della forma” – curata da Olivier Saillard in collaborazione con la Fondation Alaïa e gli archivi Balenciaga – riunisce per la prima volta in Italia cinquanta capolavori couture, venticinque di ciascun maestro, in un confronto unico.
Cristóbal Balenciaga (1895-1972) fu l’architetto della couture.
Nelle sue mani i volumi si dilatavano, le linee si piegavano alla logica del vuoto, la silhouette si trasformava.
Il suo era un linguaggio di geometrie perfette dove l’eleganza non nasceva dalla decorazione, ma dalla costruzione.
Azzedine Alaïa (1935-2017), figlio della Tunisia e adottato da Parigi, amava invece scolpire il corpo come un bassorilievo.
Le sue maglie, i suoi abiti in pelle o in maglia stretch aderivano come seconda pelle, celebrando la sensualità del corpo femminile.
Entrambi lavoravano in silenzio, lontano dagli eccessi mediatici, convinti che la verità di un abito risieda nella mano, nella misura, nella forma pura.
Da un lato, un abito-scultura di Balenciaga in crespo di lana nero del 1960, dal volume quasi ascetico; dall’altro, una creazione di Alaïa in taffetà nero, con la gonna che si apre come un fiore.
Attorno, bozzetti originali, video d’atelier, fotografie e tessuti che raccontano il gesto sartoriale come atto artistico.
Le sale tematiche – Tailleur, Flou, Materia, Spagna – mostrano quanto le due poetiche, pur diverse, si tocchino nel culto della precisione e nella ricerca di una forma assoluta senza tempo.
Saillard che oltre a curare la mostra è il direttore della Fondazione Azzedine Alaïa, ha scelto un allestimento essenziale: luce soffusa, pareti neutre, manichini che emergono dal buio come statue.
Nessuna etichetta, solo la forma, la stoffa, il silenzio.
La mostra diventa così un’esperienza quasi mistica.
Alaïa e Balenciaga, due talenti indiscussi che hanno segnato la storia della moda, eccezionali sperimentatori di forme e volumi, ‘scultori’ di alta sartoria, sono approdati per la prima volta in dialogo in Italia, grazie a questa esposizione che ha debuttato a Parigi nel 2020 e ripensata ad hoc con un allestimento suggestivo per gli spazi dell’ex Campolmi, visitabile fino al 3 maggio 2026.
Visitare questa mostra significa assistere a un dialogo tra generazioni e diverse latitudini: la Spagna delle processioni, la Tunisia assolata, la Parigi degli atelier.
È una lezione di libertà. Da non perdere!
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