Circa 11 minuti di applausi finali, un minuto, significativo, dopo le prime battute dell’orchestra. Nessun dubbio sul consenso di questa Prima della Scala 2025, che ha visto in scena Lady Macbeth del distretto di Mcensk, l’opera di Dmitrij Šostakovič che, con la sua energia brutale e modernissima, ha trasformato la serata in un evento di rottura, ricordando quanto la Scala sappia ancora osare.
Fin dalla prima apparizione dell’orchestra il pubblico è stato catapultato nella dimensione di un'altra epoca. La protagonista, figura centrale dell’universo drammatico di Šostakovič, è emersa come una donna spinta ai limiti del sopportabile, sospesa tra fragilità e violenza. La regia ha scelto un linguaggio tagliente, capace di trasformare la vicenda in un racconto quasi cinematografico: ambienti geometrici, luci fredde, costumi costruiti per sottolineare la prigionia sociale e psicologica dei personaggi.
Lady Macbeth non è più solo un’icona di trasgressione: è un’esplosione di desideri repressi, un personaggio che parla al cuore del pubblico.
Sul finale dell'opera, l’entusiasmo è esploso in tutta la sala culminato nei saluti della protagonista Katerina Izmajlova e del direttore Riccardo Chailly. Un’ovazione lunga che ha sancito non solo il successo della serata, ma anche la percezione di un’edizione particolarmente innovativa e potente.
L’opera, nata nel 1934, ha offerto l'occasione per riportare in vita l’immaginario degli Anni Trenta. I costumi hanno abbracciato linee pulite, silhouette asciutte, tonalità polverose e tessuti compatti, tipici di un decennio rigoroso. Gli abiti femminili, con gonne al ginocchio, colli strutturati e dettagli geometrici, hanno evocato un’eleganza severa ma sorprendentemente attuale.
Il lavoro sui costumi di quest’anno parte da un presupposto: nell’opera di Šostakovič i vestiti non sono ornamento, ma drammaturgia pura. Tessuti, volumi e colori definiscono la psicologia dei personaggi prima ancora delle loro parole.
Dietro ai costumi indossati sul palco del Piermarini c'è la costumista e scenografa russa Olga Shaishmelashvili. La sua arte è conosciuta in tutto il mondo in quanto ha creato scene e abiti per numerose produzioni in ambito teatrale, operistico e di balletto, collaborando con importanti teatri e compagnie internazionali. Le sue collaborazioni l’hanno portata a lavorare in molti paesi: Russia, Germania, Svizzera, Svezia, Lituania, Lettonia, Kazakhstan, oltre a produzioni in Argentina e altri paesi.
La protagonista, Lady Macbeth, attraversa l’opera trasformando non solo la sua voce ma anche la sua silhouette: la rigidità iniziale lascia spazio a linee sempre più spezzate, come se il tessuto incarnasse la progressiva discesa nell’abisso.
Il bianco sporco delle prime scene, un richiamo alla prigionia domestica, alla sua condizione di donna imbavagliata da un’etichetta sociale feroce che viene gradualmente contaminato da toni ferrosi come ruggine e piombo.
Sono colori che evocano sangue e oppressione, perfetti per la Russia raccontata da Šostakovič.
Sul palco anche molti i contrasti: lane pesanti e tele grezze che hanno lasciato spazio a sete rigide e vinili lucidi che hanno catturato la luce in maniera quasi cinematografica.
Le maniche allungate, volutamente sproporzionate, suggeriscono prigionia, impedimento. Le cinture alte e rigide segnano la vita come fosse una corazza. L’uso del velluto nero, posizionato solo in alcune scene chiave, crea un effetto di sparizione: il corpo diventa come un'ombra, come se desiderasse annullarsi.
Il costume finale, essenziale e quasi spoglio, è una dichiarazione potentissima. Via ogni ornamento, via la scena: resta solo la verità nuda del personaggio. È qui che l’opera compie la sua rivoluzione estetica.
I costumi maschili invece alternano uniformi essenziali, quasi militari, a capi più decadenti che sottolineano l’ipocrisia del potere patriarcale.
Le comparse si muovono in una palette omogenea dove grigi e blu industriali restituiscono l’atmosfera oppressiva della fabbrica e dei luoghi di lavoro.
È un realismo che ricorda certo il teatro europeo contemporaneo.
Fuori dal palco, nel foyer più osservato d’Italia, spalle nude, scollature inedite, dress eterei e un certo ritorno al minimalismo hanno definito il mood della serata.
Tra gli ospiti più fotografati, Mahmood, per la prima volta alla Prima della Scala. Il cantante si è fatto notare per un look da gran sera firmato Versace. Un abito tre pezzi con un gilet decorato con dettagli metallici, profili e fregi in stile medaglione con la testa della Medusa. Lo smoking col papillon di raso è impreziosito da altri dettagli metallici.
Classico, distinto, in smoking dalla texture lucida, Achille Lauro ha sfoggiato un look impeccabile. Anche se, da lui, forse ci si sarebbe aspettato qualcosa di più estroso pur rimanendo saldo al dress code del rigore scaligero.
Regina assoluta d’eleganza, Nicoletta Manni ha illuminato il foyer con un abito Armani, impeccabile, quasi un’illusione di movimento grazie ai micro-riflessi del tessuto. E se la scelta non è certo nuova per la ballerina, da sempre vestita Armani, il dress code di molti ospiti è stato all’insegna del ricordo di re Giorgio. È sua la firma dei look indossati dalle altre étoile della Scala, da Virna Toppi ad Alice Mariani a Martina Arduino. Non a caso, infatti, l’imminente inaugurazione della stagione del balletto, con La Bella Addormentata nel bosco è dedicata allo stilista scomparso.
Anche Barbara Berlusconi, nel Cda del Teatro alla Scala, per celebrare il re della moda ha scelto di re-indossare un suo modello iconico. Elegantissima in un abito con maniche lunghe e bagliori delicati dall’argento, al rosso, al turchese.
Un'altra coppia di attori si è affidata alla maison Giorgio Armani: Pierfrancesco Favino e Anna Ferzetti.
Se Favino ha optato per uno smoking classico con revers in raso, la Ferzetti ha scelto uno slip dress con ricami brillanti nei toni del blu e del verde.
E lo slip dress è stato indossato anche da molte altre ospiti della serata, segno che la scelta è tornata vincente, così come le spalle nude e gli scolli profondi sulla schiena. In una serata da favola più che mai moderna.
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