Se dovessimo riassumere che cosa è accaduto nel mondo della moda in questo 2025 usando sole tre parole, sarebbero: incertezza, rinnovamento generazionale e resilienza.
Partendo però dal presupposto che non sempre la sintesi è sinonimo di comprensione, noi di X-Style abbiamo pensato di guidarvi in momento di riflessione indagando le complesse dinamiche che hanno innestato una ridefinizione organizzativa, identitaria, culturale ed economica per molte maison, in un anno carico di suspense, aspettative, delusioni, successi ed addii che ha sottolineato la fine di un’epoca e la necessità di nuove narrazioni stilistiche.
Il 2025 per il mondo della moda si è aperto in un clima di profonda incertezza sia identitaria che economica frutto di un mercato meno impulsivo e più selettivo, dove i consumatori (soprattutto i più giovani) sono oculati nelle scelte e si orientano verso capi (e di conseguenza brand) che suscitano in loro un senso di appartenenza e autenticità con una spiccata attenzione alla sostenibilità piuttosto che lasciarsi travolgere da desideri stagionali.
Questo meccanismo ha portato alla necessità un po’ “a casa di tutti” di cambiare aria.
A farne le spese è stata una delle figure più determinanti del sistema: il direttore creativo, trasformato ora in “capro espiatorio” della crisi (vi ricordate Sabato De Sarno da Gucci?) , ora in “salvatore” della reputazione del brand (come Matthieu Blazy da Bottega Veneta responsabile di aver aumentato i ricavi mentre tutta l’industry recedeva).
Da Givenchy a Balenciaga, da Dior a Chanel: in molti hanno sentito l’esigenza di “svecchiare” la propria regia per comunicare diversamente e non perdere il passo con i tempi che corrono. Alcuni portando in scena delle “virate” di stile senza precedenti (basti pensare a Pier Paolo Piccioli, ex Valentino, approdato in Balenciaga per riportare il brand sulla retta via dell’eleganza), altri cercando una sorta di continuità per amalgamare la propria community (come Glenn Martens prestato da Diesel anche a Maison Margiela).
Sempre più attente a nuove dinamiche di marketing e comunicazione che, anno dopo anno, stanno trasformando le aziende di moda in veri e propri “centri di produzione culturale" - dal cinema, ai podcast - anche le grandi maison hanno così cambiato il loro approccio abbandonando certi influencer a favore di testimonial più autentici e talentuosi capaci di diventare parte della narrazione del presente.
Questo valzer alla regia delle grandi maison unito alla ricerca di nuove identità ha portato ad un rinnovamento generazionale - auspicato dal pubblico ed ormai inevitabile - che ha mostrato come una tra le industrie più prolifiche al mondo abbia avuto una straordinaria capacità di auto-rinnovamento preparando il terreno per un 2026 che potrebbe essere fatto non solo di vendite record ma anche di innovazione per molti brand storici.
Così ci hanno salutato Silvia Venturini Fendi ritirata dalle scene per godersi una meritata pensione, il celebre stilista belga Dries Van Noten, Lucie e Luke Meier di Jil Sander e anche Donatella Versace che, dopo anni di profonda amicizia con Miuccia e Patrizio Bertelli gli ha affidato la storica maison della Medusa fondata da suo fratello Gianni (rendendo Dario Vitale uno tra i direttori creativi meno duraturi della storia).
Una data che ha profondamente segnato questo 2025 è il 4 settembre quando il mondo della moda, dello spettacolo e del Made in Italy hanno detto addio all’ultimo dei suoi couturier: Giorgio Armani che, spentosi a Milano alla presenza degli affetti più cari, ha accesso i riflettori sull’attesa di cosa diventerà il regno dell’eleganza, ora che il Re non c’è più.
E mentre Jonathan Anderson, insignito per la terza volta del titolo di “Designer of The Years”, si conferma l’astro ormai nato e splendente dell’industry, nel firmamento delle celebrità con ago e filo rientrano ormai ufficialmente anche nomi nati negli Anni 80 e la cui storia si discosta totalmente dai grandi fondatori del sistema.
Così in un anno in cui la spesa mondiale per la moda non ha accelerato, i consumatori hanno continuato a mostrare i segni di saturazione e certi mercati (come quello cinese) continuano a segnare tendenze tutt’altro che positive, il sistema moda ha saputo dimostrare una resilienza creativa inaspettata.
Non solo rafforzando scelte emotivamente rilevanti - dall’utilizzo di tessuti intelligenti, alla scelta di capi second-hands, fino a quella dei protagonisti dei propri show ora più inclusivi che mai - ma anche investendo nel creare novità.
E dopo il terremoto che ha travolto tutti in questo 2025, il 2026 si prepara ad essere l’anno della resa dei conti dove non basterà più fare rumore in passerella o dominare i social, produrre meno, vendere meglio e ridurre l’invenduto.
Perché l’anno a venire non sarà spettacolare, bensì selettivo: dove chi ha fatto bene sarà premiato, chi no, sarà chiamato a rispondere.
Leggi anche:
Natale in famiglia: 3 mood e tante idee look per i momenti più speciali