C’è sempre stato un confine sottile, in Lady Gaga, tra concerto pop e performance d’arte ma con The Mayhem Ball quel confine si dissolve del tutto. Dopo sette anni di assenza dai palchi italiani, la popstar torna al Forum di Assago — due date, 19 e 20 ottobre — con uno spettacolo che è più di una tournée: un manifesto vivente di moda e identità, una riflessione sul corpo come linguaggio e sulla scena come spazio politico. Ogni abito racconta una mutazione, ogni cucitura è un gesto simbolico di rinascita. A orchestrare questa geografia visiva è lo stylist Hunter Clem, affiancato da Bree Banuelos, Katie Collet, Conrad Muscarella e Thomas Varra. La scenografia di Es Devlin, artista che ha già curato gli show di Beyoncé e The Weeknd, diventa qui un’architettura liquida: superfici che respirano, luci che si piegano al corpo della cantante, schermi che si trasformano in tessuti dinamici. È il linguaggio del caos organizzato, come suggerisce il titolo Mayhem (la parola “mayhem” in inglese significa letteralmente caos, disordine totale, confusione violenta o pandemonio), ma anche un ritorno alle origini, là dove teatralità e moda si confondono fino a fondersi.
Nei primi show del tour Gaga ha alternato citazioni e nuove direzioni: dalla tuta bianca in pleather di Olivier Theyskens, rigida come un’armatura gotica, alle creazioni di Dilara Findikoglu, stilista londinese di origini turche che sovverte la couture con tagli crudi e tessuti “feriti”. Gli abiti non decorano, difendono, sono corazze, scudi, manifesti. Ed è qui che si vede il rapporto viscerale di Gaga con la moda: fin dagli esordi con Nicola Formichetti e la Haus of Gaga, la popstar ha usato gli abiti come estensione narrativa del corpo, alternando la sensualità barocca di Versace, la teatralità scultorea di Alexander McQueen, l’eccesso visionario di Thierry Mugler e l’eleganza surreale di Valentino. Persino Giorgio Armani, che ne disegnò i costumi per il Monster Ball, raccontò che vestirla “era come costruire architetture da indossare”. In Mayhem, tutto questo ritorna e muta. La pelle diventa materia viva, i ricami assumono venature sanguigne, i tacchi si fanno totemici. Gaga cita se stessa, ma come un’artista che rilegge la propria mitologia.
Il caos estetico che domina il tour — neri antracite, rossi cupi, bianchi abbaglianti — trova un riflesso immediato nel pubblico. I Little Monsters hanno trasformato ogni data in una sfilata parallela: corsetti, latex, veli, look cuciti in casa per rendere omaggio alla loro dea mutante. A Milano sarà lo stesso: non un concerto, ma una liturgia della trasformazione, dove chi guarda diventa parte dello spettacolo. È la moda come linguaggio di inclusione, non di distanza, una sorta di fusione tra artista e fan. Ogni spettatore partecipa alla narrazione visiva di Gaga, fondendo estetica e identità in un rito collettivo, ma dentro Mayhem Ball si muove anche un discorso politico. Gaga ha sempre usato il corpo come campo di battaglia: dal vestito di carne del 2010 ai bustier di lattice degli anni di Born This Way, fino alle armature contemporanee. In un mondo che ancora giudica la femminilità per eccesso o per difetto, lei indossa il disordine come trofeo. “Il mio corpo è la mia armatura”, dichiarava tempo fa.
L’eco dell’arte contemporanea è palpabile. Gaga dialoga da sempre con la body art e la performance: Marina Abramović, Orlan, ma anche la fotografia di Nick Knight e l’immaginario post-umano di Matthew Williams. In The Mayhem Ball, il corpo torna a essere medium e la moda diventa la sua estensione. La couture non è più status ma racconto, linguaggio, identità in movimento. Gaga non collabora con i designer: li trasforma in co-autori di un discorso più ampio, dove suono, luce e tessuto diventano un’unica drammaturgia sensoriale. E in fondo, Mayhem è esattamente questo: una dichiarazione d’amore per la complessità. In un’epoca che tende a semplificare, Lady Gaga sceglie il caos come forma di chiarezza. Non distruzione, ma rinascita; non eccesso, ma libertà. Il Mayhem Ball non è un tour, è una tesi estetica: la dimostrazione che la moda può essere linguaggio, pensiero, metamorfosi. Un atto di bellezza che, come sempre in Gaga, si fa anche gesto politico.
E in questa estetica del disordine, Lady Gaga ritrova la sua forma più pura. The Mayhem Ball non è solo il ritorno di una popstar: è la consacrazione di un’artista totale, capace di unire scultura, moda, suono e corpo in un unico linguaggio. Ogni dettaglio — dal taglio di un abito alla coreografia di una luce — diventa parte di un mosaico emotivo che parla di fragilità, potere, desiderio di rinascita. È il caos che si fa metodo, il teatro che diventa confessione. A Milano, il Forum di Assago si trasformerà in una cattedrale del contemporaneo, dove la musica si guarda e la moda si ascolta. Perché in fondo, nel mondo di Gaga, nulla è mai solo spettacolo: è sempre un modo per dirci chi siamo, e chi, nella nostra mutevolezza, potremmo ancora diventare, in continuo movimento.
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