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03 settembre 2025

Venezia 82, il giorno di Valeria Bruni Tedeschi e The voice of hind rajab: emozione e verità sul red carpet

L’attrice italiana porta alla Mostra del Cinema il personaggio controverso di Eleonora Duse, mentre sul red carpet arriva anche il film che riporta Gaza al centro del dibattito

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Con l’ottava giornata, si avvicina la fine del concorso a Venezia 2025 e il cinema italiano torna protagonista. Tra i titoli più attesi, Duse, il nuovo film di Pietro Marcello, con Valeria Bruni Tedeschi nei panni di Eleonora Duse, l’attrice che ha cambiato la storia del teatro e il significato stesso della parola “recitare”. Ma è anche il giorno in cui viene presentato uno dei film considerato tra i papabili vincitori della Mostra, The Voice of Hind Rajab.

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Valeria Bruni Tedeschi e Pietro Marcello partecipano al photocall di “Duse” durante l’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Credits: Getty Images

Tornare al palco per restare vivi

Duse racconta gli ultimi anni di vita della “Divina”, quando, tra la fine della Grande Guerra e l’ascesa del Fascismo, Duse sceglie di tornare in scena. Non per nostalgia, ma per sopravvivenza, dopo aver perso tutti i suoi risparmi a causa di una bancarotta.

Affaticata dalla malattia e da una vita spesa per l’arte, Duse affronta il suo ultimo atto come una sfida intima ed esistenziale: si può rinunciare a tutto, ma non al teatro.

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Valeria Bruni Tedeschi partecipa al photocall di “Duse” durante l’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Credits: Getty Images

Valeria Bruni Tedeschi: “Mi sono connessa a lei. Le parlo ancora oggi”

Per Valeria Bruni Tedeschi, interpretare Duse è stato un ritorno emotivo e spirituale.

“Quando ero giovane, la mia insegnante all'Actors Studio mi parlava sempre della Duse. Mi ha insegnato che lei cercava la verità. Quando Pietro mi ha proposto il ruolo, mi sono riconnessa a quella parte di me”, ha raccontato l’attrice.

Bruni Tedeschi ha lavorato al personaggio come a un dialogo interiore: “Ho fatto delle ‘riunioni spirituali’ con lei. Le ho parlato. Ho cercato di diventare sua amica. Mi commuoveva il suo bisogno di migliorarsi come essere umano per diventare un’artista migliore. La sento vicina.”

E scherza: “La Duse era famosa per piangere tanto. Anch’io piango sempre. Forse è per questo che Pietro mi ha scelta.”

Una donna sbagliata, quindi interessante

Nel film emerge anche un aspetto controverso della vita della Duse: la sua vicinanza iniziale al regime fascista, nella speranza (vana) di ottenere sostegno per il teatro.

“Si è sbagliata. Per ingenuità, per orgoglio. Ma è importante dirlo: non era perfetta. E i personaggi imperfetti sono quelli più interessanti per il cinema”, ha spiegato Bruni Tedeschi.

Il regista Pietro Marcello ha scelto di raccontare gli ultimi anni di Duse, rifiutando ogni tentazione agiografica: “Non volevo fare un biopic. Mi interessava il bilancio di una donna, artista e madre, immersa in un’epoca di disgregazione. La sua fragilità è la sua forza.”

In un momento storico dominato dal caos e dall’iper-esposizione, Duse si interroga sul ruolo dell’arte:

“L’arte è potente quando è realizzata con potenza. Siamo in un momento di resistenza civile. Il cinema può esserlo”, ha detto Marcello.

Chi era Eleonora Duse, la diva invisibile che ispirò D’Annunzio (e non solo)

Attrice leggendaria e rivoluzionaria, Eleonora Duse (1858–1924) è stata una delle più grandi interpreti teatrali del Novecento. Antidiva per eccellenza, rifiutava trucco, pose e fotografie. Diceva: “Io non esisto”, ma ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della recitazione.

Nata in una stanza d’hotel, cresciuta in una compagnia teatrale itinerante, ha debuttato giovanissima sul palco, rompendo tutte le convenzioni del suo tempo: niente manierismi, solo respiro, voce e corpo. Portò in Italia testi di Ibsen e D’Annunzio, di cui fu anche amante e musa — un rapporto intenso e tormentato che ispirò Il fuoco.

Fu rivale della francese Sarah Bernhardt e pioniera di un teatro “vero” e sottrattivo, molto prima che si parlasse di realismo. Ha lasciato una sola prova filmata, Cenere (1916), dove recita quasi sempre di spalle.

Oggi, Duse è considerata una precursora dell’autenticità contemporanea: una donna che ha fatto della sottrazione un atto rivoluzionario

La realtà di Gaza sul red carpet, The Voice of Hind Rajab acclamato come papabile Leone d'oro Presentato con una standing ovation, l’altro film in concorso della giornata è The Voice of Hind Rajab della regista tunisina Kaouther Ben Hania.

Al centro, la vicenda reale di Hind Rajab, la bambina palestinese di sei anni rimasta intrappolata per ore in un’auto sotto il fuoco israeliano a Gaza, in diretta telefonica con la Mezzaluna Rossa. Una voce che implora aiuto, e che nel film torna viva e autentica: le registrazioni originali del 29 gennaio 2024 vengono usate senza filtri, in tutta la loro disarmante verità.

“Quello che volevo era concentrarmi sull’invisibile: l’attesa, il silenzio che urla, la paura che non fa rumore. Ciò che non vedi può essere più devastante di ciò che ti viene mostrato”, ha detto la regista.

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Joaquin Phoenix e Rooney Mara partecipano al photocall di “The Voice of Hind Rajab” durante l’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Credits: Getty Images

Una tragedia vera, diventata film

Il film ripercorre le ore in cui Hind, sola tra i cadaveri dei familiari, parlava con i soccorritori al telefono, chiedendo: “Perché non arrivate?”. Alle 18:00, il silenzio. Prima l’ambulanza, poi la sua voce, scompaiono. Giorni dopo, si scoprirà che entrambi erano stati bombardati.

“Per me era fondamentale dare una voce a Hind. È la voce di Gaza che chiede aiuto. C’è rabbia, desiderio, impotenza. Il cinema può ridare umanità”, ha spiegato Ben Hania, visibilmente commossa.

“Spero che i grandi nomi che supportano questo film — come Joaquin Phoenix e Brad Pitt (che hanno prodotto il film e sono approdati a Venezia per sostenerlo) — aiutino il messaggio a viaggiare lontano.”

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Amer Hlehel, Clara Khoury, Kaouther Ben Hania, Motaz Malhees e Saja Kilani partecipano al photocall di “The Voice of Hind Rajab” durante l’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Credits: Getty Images

Il cast: "Non era recitazione. Era la nostra vita"

Sul palco della conferenza stampa, il cast ha raccontato la lavorazione con emozione palpabile.

“Sono di Jenin, questa non è fiction: è la mia realtà. Due volte ho avuto attacchi di panico e non riuscivo a girare. Ma sentivo il dovere morale di farlo”, ha detto Motaz Malhees. “Quando ho letto la sceneggiatura, ho capito che non dovevamo recitare: era già dentro di noi. Era un dovere, non un film”, ha aggiunto Amer Hlehel.

AncheSaja Kilani ha confermato: “Non c’era finzione. Abbiamo vissuto quella storia prima ancora di girarla. Sentivamo le loro voci nei notiziari, nelle nostre vite.”

Ogni guerra è una guerra di bambini

Il film si chiude con una visione struggente: Hind che gioca in riva al mare.

“È una scena che mi ha raccontato sua madre. Avevano questo sogno… Ma in quella zona era previsto il progetto della ‘riviera di Trump’. Quando penso a Hind su quella spiaggia, mi chiedo: in che mondo viviamo?”, ha detto Kaouther Ben Hania.

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