A cinquant’anni Leonardo Di Caprio sceglie ancora ruoli che spiazzano, preferendo personaggi imperfetti e complessi a eroi senza macchia.
In Una battaglia dopo l’altra, diretto da Paul Thomas Anderson - già considerato dalla critica uno dei film più importanti della stagione - torna a mostrarsi in una veste inedita: quella di un padre disastroso, fragile e indimenticabile.
Il film prende spunto dal romanzo Vineland di Thomas Pynchon, pubblicato nel 1990, ma Anderson ha scelto di trasportarlo ai giorni nostri. Al centro della storia c’è Bob Ferguson (DiCaprio), ex rivoluzionario del gruppo “French75”, militanti pro-immigrati che piazzavano bombe al confine tra Stati Uniti e Messico. Dopo un sanguinoso raid guidato dal colonnello suprematista Steven J. Lockjaw (Sean Penn), Bob si ritira in clandestinità e cresce la figlia Willa (Chase Infiniti).
Sedici anni dopo, la violenza riaffiora: Willa viene rapita dai suprematisti e Bob è costretto a tornare in azione, aiutato dai vecchi compagni (tra cui Benicio Del Toro e Regina Hall). Ne nasce una parabola che mescola commedia nera e dramma politico, con inseguimenti nel deserto californiano, scontri generazionali e il ritratto grottesco di un’America spaccata tra estremismi e nostalgie rivoluzionarie.
Uno degli aspetti più sorprendenti è che alcune sequenze – rastrellamenti paramilitari anti-immigrati – sono state girate un anno prima che eventi simili si verificassero davvero sulle strade americane, nel giugno scorso. «Non so spiegarmelo del tutto», ha detto Anderson, «ma è come se la realtà avesse rincorso la nostra finzione».
Non a caso il regista cita Kubrick come riferimento: Una battaglia dopo l’altra alterna il registro satirico di Il dottor Stranamore all’epica politica pynchoniana, riflettendo con ironia feroce sulle fratture della società americana
Per costruire Bob, DiCaprio ha guardato a figure come il “Drugo” de Il Grande Lebowski e Al Pacino in Quel pomeriggio di un giorno da cani: «Il mio personaggio è un padre disastroso, incapace persino di ricordare una password», ha raccontato. «Eppure il suo eroismo sta nella cosa più semplice e potente: non arrendersi, andare avanti per salvare sua figlia».
Il look, barba incolta e vestaglia logora, è parte integrante del personaggio: un antieroe improbabile, che però riesce a incarnare la resistenza minima e necessaria in tempi di caos.
Da Romeo + Juliet a Titanic, da The Aviator a The Wolf of Wall Street, fino a Revenant, Leonardo DiCaprio ha attraversato tre decenni da protagonista del cinema senza mai smettere di reinventarsi. Attore feticcio di Scorsese, capace di passare da Tarantino a Nolan fino ad Anderson, oggi resta uno degli ultimi veri divi globali. Magnetico sul red carpet, ma sullo schermo disposto a sporcarsi le mani con personaggi complessi, fragili, imperfetti.
Schivo quando si tratta di parlarne apertamente, DiCaprio è però da sempre al centro delle cronache per le sue relazioni, quasi sempre con modelle giovani e bellissime. Un cliché che ha alimentato la sua fama da eterno scapolo di Hollywood. Eppure, la storia con la top model italiana Vittoria Ceretti – presente alla première hollywoodiana di Una battaglia dopo l’altra, pur senza posare al suo fianco – sembra raccontare un lato diverso, più maturo e stabile del divo. Insieme – dicono i rumors- dal 2023, i due appaiono complici e affiatati, scegliendo comunque di mantenere il loro rapporto lontano dai riflettori.
«Ho compiuto cinquant’anni, ma me ne sento 32», ha detto a Esquire UK. Una frase che riflette la sua nuova consapevolezza: essere più diretto, non sprecare tempo, affrontare la vita con lucidità. «Ormai c’è più vita dietro di me che davanti», ha ammesso. Forse è proprio questa maturità, insieme alla voglia di rischiare, a renderlo ancora più affascinante.
Con Una battaglia dopo l’altra, Leonardo DiCaprio non solo torna protagonista, ma conferma di essere un divo capace di incarnare i cambiamenti del cinema e della società, senza mai smettere di sorprendere.
Leggi anche:
Bruno Mars: il compleanno di un’icona che veste la musica
Lana Del Rey, il sogno in chiffon: la nostalgia diventa stile