Nel 2026 non viaggeremo per vedere il mondo, ma per cambiare il modo in cui lo percepiamo. Best in Travel — la guida annuale con cui Lonely Planet anticipa i movimenti profondi della sensibilità globale — non funziona come un catalogo, ma come un sismografo culturale. Ci dice in quale direzione si sta spostando l’immaginazione collettiva, prima che i flussi turistici la inseguano. L’edizione 2026 raccoglie 50 proposte nei cinque continenti: 25 luoghi imperdibili e 25 esperienze trasformative. Non più geografie da attraversare, ma intensità da abitare.
“Non sono solo le grandi imprese a restare impresse nella memoria”, osserva Fionnuala McCarthy, Executive Publisher. “Spesso sono i piccoli momenti – un profumo, una conversazione, un panorama improvviso – a rendere un viaggio davvero indimenticabile.” È la dichiarazione più netta possibile: il futuro del viaggio è, di nuovo, un atto di relazione. Da questo laboratorio emergono cinque mappe simboliche. Non luoghi da visitare, ma dispositivi di sguardo. Ognuna rappresenta un cambiamento nella percezione del mondo. Ognuna contiene — in anticipo — un pezzo di futuro.
Un viaggio che non offre servizi, ma sproporzione. Valli glaciali, laghi turchesi, assenza totale di mediazione umana. Qui non si va per vedere qualcosa: si viaggia per non avere più controllo. Il Tagikistan segna un ribaltamento radicale: il viaggio come disarmo, spaesamento, ritorno al non codificato.
Non più periferia dell’Occidente, ma centro dell’ecosistema culturale del presente. Arte, tecnologia, architettura, identità digitale: tutto in mutazione continua. Città del Messico non si visita, si assorbe. È il nuovo laboratorio urbano del mondo, dove il futuro del vivere collettivo sta già accadendo — fuori dai confini della tradizione europea.
Lonely Planet compie una scelta precisa: mostrare la Sardegna ancestrale, non quella da cartolina. Villaggi dove la tradizione non è messa in scena, ma vissuta. Siti nuragici non come reperti, ma presenze vive. Cammini sacri, comunità rurali, tempo non turistico. Il Mediterraneo che non seduce — convoca. Non vacanza, ma immersione nella memoria originaria.
Città indigene, aree protette appena istituite, gastronomia d’avanguardia riconosciuta come linguaggio culturale. Il Perù è il luogo dove storia e contemporaneità convivono senza scontrarsi. Dove le rovine non sono nostalgia, ma orientamento. È la mappa dell’equilibrio possibile: identità come motore evolutivo, non come museo.
Lonely Planet lo include non per l’esotismo, ma per l’armonia radicale tra materia e rito. Pasto come atto sacro, ospitalità come gesto politico, paesaggio come esperienza intima, non panoramica. Qui il viaggio è carezza, non performance. La rivoluzione più silenziosa e più potente: un’estetica del poco, non del molto.
Non più pacchetti, non più attività opzionali da aggiungere a un itinerario. Le 25 esperienze selezionate da Lonely Planet per il Best in Travel 2026 non suggeriscono dove andare, ma come stare nei luoghi. Sono inviti a spostarsi dalla fruizione alla partecipazione, dall’osservazione alla co-presenza.
Esperienze che chiedono di farsi attraversare, come unirsi a una comunità lungo un antico cammino spirituale in Patagonia — non come pellegrini esterni, ma come ospiti temporanei. O salire su un treno storico all’interno del Kruger National Park, fermo sulle rotaie nel buio africano, e sentire che non sei tu a osservare la natura, ma la natura che ti osserva. O ancora cucinare con famiglie dello Sri Lanka rurale, non una lezione di cucina, ma un rito comunitario che passa attraverso lo zenzero, il silenzio e la gestualità intergenerazionale.
Il viaggio non è più movimento nello spazio, ma movimento nella coscienza. Non per accumulare immagini, ma per abbandonare difese. Non per vedere il mondo — ma per lasciare che il mondo, per una volta, ci guardi davvero.
Se c’è un messaggio preciso nel Best in Travel 2026, è questo: non viaggeremo per cambiare luogo, ma per cambiare sguardo. Il mondo non è più da collezionare, ma da ascoltare. Non da consumare, ma da abitare per un istante — accettando di non capirlo del tutto. Il viaggio torna ad essere un atto di maturità. Non per vedere altro. Ma per diventare altro.
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