Parigi celebra uno dei maestri assoluti del contemporaneo. Fino al 2 marzo 2026, la Fondation Louis Vuitton ospita una retrospettiva dedicata a Gerhard Richter, l’artista tedesco che più di ogni altro ha interrogato il confine tra pittura e fotografia, memoria e astrazione, verità e illusione.
In un allestimento che occupa l’intero edificio progettato da Frank Gehry, oltre 270 opere ripercorrono sei decenni di ricerca, dalle prime tele foto realiste degli anni Sessanta, fino alle più recenti composizioni in vetro e acciaio: superfici che riflettono lo spettatore come a dire che l’opera, in fondo, esiste solo nello sguardo di chi la osserva.
Il percorso parte con i celebri photo-paintings, dipinti tratti da fotografie in bianco e nero, leggermente sfocati, come ricordi che si dissolvono.
C’è il Richter cronista, che cattura immagini familiari, reportage o istantanee anonime; ma c’è già anche il Richter filosofo, che si interroga sulla possibilità stessa di rappresentare la realtà dopo il trauma della storia europea.
Negli anni Ottanta il linguaggio cambia: la pittura esplode in campiture di colore denso e gestuale, dove la spatola sostituisce il pennello. Nascono i grandi cicli astratti – autentici paesaggi mentali – in cui ogni passaggio di colore diventa uno stato d'animo.
Poi le installazioni in vetro, dove la trasparenza costruisce un dialogo tra spazio, luce e presenza. In queste opere più recenti, Richter sembra trasformare la pittura in architettura, la superficie in specchio del pensiero.
Un’intera sala è dedicata alla serie Birkenau (2014) ispirata a quattro fotografie scattate di nascosto nel campo di concentramento di Auschwitz.
Richter le trasforma in quadri astratti, cancellando le figure, ma non la memoria: una riflessione struggente sull’indicibile, sull’arte come atto di testimonianza. Le tele sono accompagnate da pannelli di vetro che moltiplicano la visione, come se la Storia non potesse mai essere osservata da un solo punto di vista.
Ogni opera è una domanda: quanto della realtà possiamo davvero catturare? Cosa resta di un’immagine quando la memoria svanisce? Il suo linguaggio attraversa il secolo, dal bianco e nero dell’infanzia tedesca ai riflessi colorati del mondo globale, ogni tela è un esercizio di lucidità, un modo per guardare la complessità senza cedere al caos.
In un autunno parigino caldo, tra sfilate, fiere e nuove aperture museali, Gerhard Richter alla Fondation Louis Vuitton è il luogo in cui l’arte offre numerosi spunti per riflettere.
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