Tom Odell torna in Italia, questa volta al Forum di Assago, il 27 novembre. Un ritorno atteso, anche perché negli anni è diventato una delle voci più riconoscibili del cantautorato britannico contemporaneo: l’autore di successi come Another Love, Heal, Can’t Pretend e Best Day of My Life, brani che hanno ridefinito il suo profilo pubblico tra vulnerabilità melodica e scrittura emotiva.
Il live resta il suo territorio naturale: lì la fragilità diventa linguaggio, la voce si apre, il pianoforte detta il ritmo. Arriva a Milano dopo “Sounds Like Art”, la performance registrata al Musée Bourdelle, uno dei momenti più curati della sua produzione recente: un set essenziale, immerso tra le sculture monumentali di Bourdelle, che ha mostrato la sua musica nella forma più nitida. Parigi ne ha evidenziato la purezza estetica, Milano ne metterà a fuoco la dimensione più intima.
La performance al Musée Bourdelle è stata una scelta precisa, non un semplice showcase. Odell al piano, lo spazio scultoreo intorno, la luce essenziale: un’estetica che riflette il suo modo di lavorare, fatto di sottrazione più che di accumulo. Silenzio, aria, materiali grezzi: tutto dialogava con il suo minimalismo naturale, lo stesso che si ritrova nei suoi look e nella sua presenza scenica. E il palco di Assago arriva in un momento in cui Odell appare più centrato che mai: meno pressione commerciale, più attenzione alla qualità e al ritmo del proprio lavoro.
L’identità visiva di Tom Odell nasce da un’estetica che negli anni si è mossa sempre attorno agli stessi principi: sobrietà, comfort, qualità dei materiali, palette neutra. Nelle sue apparizioni pubbliche, nelle foto promozionali e nei live più recenti si ritrovano spesso capi che rispecchiano l’immaginario di designer che hanno fatto della misura il loro linguaggio da quiet luxury.
Stella McCartney, con il suo approccio sostenibile e pulito, è perfettamente allineata alla sensibilità di Odell, così come Paul Smith, che incarna un tailoring british discreto, fatto di dettagli minimi e mai gridati. Lo stesso vale per Oliver Spencer e Margaret Howell, due riferimenti dell’eleganza inglese senza eccessi, centrata su texture naturali, tagli morbidi e capi pensati per durare. Ma anche il minimalismo scandinavo - Acne Studios, Filippa K - dialoga da anni con il suo modo di vestire: volumi rilassati, colori soft, linee essenziali.
Non è un caso che i suoi look più riconoscibili oscillino tra blazer destrutturati, camicie fluide, maglieria neutra e pantaloni straight. Non c’è il culto del logo né la ricerca dello statement: c’è un’idea di eleganza che coincide con la sua musica e che si riflette su una palette sobria: bianco latte, navy profondo, grigio polvere, beige sabbia. Tonalità sottili, calibrate, mai invadenti, per un artista che privilegia sartorie inglesi, brand di nicchia, maison che trattano il minimalismo. E in un panorama dominato dalla ricerca costante di visibilità, questa forma di autenticità - ostinata, silenziosa, coerente - è diventata la sua firma.
Strange House
Ugly
Best Day of My Life
Grow Old With Me
Can't Pretend
Spinning
I Know
Don't Let Me Go
Don't Cry, Put Your Head on My Shoulder
The End
Black Friday
Encore / chiusura
Parties
Answer Phone
Heal
Another Love
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