Oggi sono sempre più le maison che, attingendo da altri mondi, comunicano la propria identità alleandosi con volti noti la cui presenza già di per sé è in grado di raccontare una storia a prescindere dallo storytelling a cui essa viene associata.
Abbandonata dunque la tradizionale usanza che vedeva solo modelle e modelli protagonisti delle campagne di comunicazione e dei defilé del prêt-à-porter, alcuni brand, negli ultimi decenni, hanno capito che lavorando a stretto contatto con attori, attrici, musicisti, sportivi, scrittori ed artisti possono creare un circolo di comunicazione virtuoso non solo per uno specifico prodotto, ma anche per l’intera mission del brand.
Ecco perché: nel frontrow di marchi che desiderano attrarre un pubblico più giovane (come Prada) assistiamo ad una forte presenza di star del K-pop o del cinema asiatico; tra i contenuti fruibili su YouTube di certe maison (come Chanel) troviamo delle chiacchierate con grandi penne contemporanee; tra gli ambassador di alcune griffe del pret-à-porter (come Gucci) numerosi sportivi (come Sinner) o, ancora, tra i calendari delle settimane della moda, eventi spettacolari capaci di enfatizzare temi sociali come quello che L'Oreal mette in scena ogni anno all'ombra della Tour Eiffel, un inno all’autostima femminile megafono contro ogni violenza di genere.
Se l’abitudine di scegliere grandi star per interpretare lo stile di certe maison risale agli anni ’60 e al cult movie Colazione da Tiffany con protagonista Audrey Hepburn, nel nuovo Millennio dunque qualcosa è cambiato. Complice la volontà dei brand di raggiungere consumatori al di fuori del loro target tradizionale, di accedere a mercati geografici nuovi o in rapida espansione e di creare una parvenza di inclusione anche in un settore elitario, l’inventiva dei dipartimenti di marketing deve necessariamente abbracciare più settori e coinvolgere sempre più persone.
Ne sanno qualcosa da Louis Vuitton che - dal mangaka giapponese Takashi Murakami al cantautore americano Pharrell Williams - ha sdoganato una nuova forma di ibridazione tra le arti di cui la moda diventa la principale cassa di risonanza.
E così oggi assistiamo al nascere di relazioni tra le maison e i propri ambassador sempre più strette che, non solo ci trasmettono attraverso progetti speciali i valori del brand, ma li plasmano secondo una visione ed una finalità comune.
È questo il caso dell’ultima campagna globale Warmer Together lanciata da Moncler e culminata, lo scorso 25 ottobre, in un grande concerto al Rockfeller Center di New York sulle note del remake di “Lean on Me” firmato dagli artisti Tobe Nwigwe e David Michael Wyatt.
La campagna con protagonisti Al Pacino e Robert De Niro e scattata dal celebre fotografo ritrattista Platon, si snoda in una serie di fotografie in bianco e nero e un cortometraggio in cui i due grandi interpreti (che hanno partecipato alla scrittura) affrontano cinque temi sociali quanto mai necessari in questi tempi di estrema solitudine: amicizia, connessione, rispetto, fiducia e calore.
Dopo il cantante e produttore Bakar, l’acclamata cantautrice britannica Maisie Peters, l’attore Edgar Ramírez, è l’ultimo protagonista della nuova campagna “That’s so Armani”, il progetto che ha debuttato lo scorso gennaio a Parigi e che ha creato un ponte in grado di unire le generazioni.
Raccontando storie di successo senza tempo la maison sta coinvolgendo proprio tutti: basti pensare che voci di passerella prevedono tra i prossimi protagonisti la prima ballerina e attrice Francesca Hayward, Rocco Ritchie e numerosi altri interpreti.
E mentre cambiano le direzioni creative, certi ambassador restano gli stessi. Come Jacob Elordi da Bottega Veneta questa volta protagonista di un cortometraggio e una serie fotografica firmati da Duane Michals e dal titolo ‘What are Dreams’ che nasce dal profondo legame dell’artista con il Surrealismo e si propone di esplorare l’inconscio, l’immaginario e l’inquietante in un momento storico, quello presente, capace di svegliarci più d'una volta nel cuore della notte ed in cui la poesia può diventare antidoto alle preoccupazioni.
Strategie pensate non solo per attrarre nuovo pubblico e posizionarsi in una certa maniera ma anche per riconsegnare alla moda l’onere (e l’onore) di farsi portavoce delle istanze del nostro tempo, qualunque esse siano.
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