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lifestyle20 novembre 2025

Guida all’arte digitale: dall’AI agli NFT, cosa vale davvero

L’arte digitale cambia volto: NFT, AI generativa, casi di fallimento e nuovi successi. Una guida completa per capire valore, rischi e opportunità nel nuovo mercato virtuale
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Le immagini NFT di Bored Ape Yacht Club (BAYC) sui videowall di Times Square a New York durante il la quarta edizione annuale degli NFT - Crediti: Noam Galai/Getty ImagesLe immagini NFT di Bored Ape Yacht Club (BAYC) sui videowall di Times Square a New York durante il la quarta edizione annuale degli NFT - Crediti: Noam Galai/Getty Images

L’arte digitale è diventata uno spazio dove creatività, tecnologia e mercato si intrecciano senza più confini rigidi. Il passaggio da semplice file a bene collezionabile ha cambiato il modo in cui guardiamo alle opere nate sullo schermo. Se per anni l’arte digitale è rimasta confinata nel regno dei “salvataggi da tasto destro”, la blockchain ha introdotto un elemento nuovo: la possibilità di certificare l’origine e la proprietà di un’immagine con la stessa autorevolezza di un archivio museale. Questo ha aperto due strade principali. Da una parte, l’universo degli NFT, dove l’opera diventa un asset digitale registrato su blockchain; dall’altra, l’arte generata dall’intelligenza artificiale, che pone domande sull’autorialità e sulla creatività umana. Due fenomeni diversi, ma con una radice comune: la ricerca di un valore autentico dentro il mare infinito delle immagini digitali.

NFT: il certificato che dà valore al digitale

NFT significa Non-Fungible Token, una sigla che identifica un certificato digitale unico registrato su blockchain. L’idea è intuitiva: un file può essere copiato all’infinito, ma la sua “firma” no. L’NFT è quella firma. Dentro il token vengono memorizzati i dati dell’opera, dell’autore e di ogni passaggio di proprietà, creando una sorta di carta d’identità verificabile pubblicamente. Chi acquista un NFT si porta a casa la proprietà del token, non necessariamente tutti i diritti d’autore dell’immagine. È un punto spesso frainteso: il collezionista possiede l’opera digitale, ma la licenza d’uso varia da progetto a progetto. Alcune collezioni concedono grande libertà; altre si limitano al diritto di possesso. È uno degli aspetti che richiedono maggiore attenzione, perché il valore del token dipende anche da ciò che si può fare legalmente con l’opera.

Il mercato ha mostrato subito un entusiasmo travolgente. Avatar, gif, animazioni e opere nate in rete hanno raggiunto valutazioni fuori scala, alimentate da collezionisti, speculatori e celebrità. È stato il momento in cui l’arte digitale ha incontrato la cultura pop e il linguaggio dei meme, producendo un cortocircuito che ha attirato milioni di persone verso un mercato completamente nuovo.

Una parte dei 10.000 dipinti di The Currency realizzati nel 2016 da Damien Hirst. Crediti: Prudence Cuming Associates Ltd - ©Damien Hirst and Science Ltd, DACS 2021Una parte dei 10.000 dipinti di The Currency realizzati nel 2016 da Damien Hirst. Crediti: Prudence Cuming Associates Ltd - ©Damien Hirst and Science Ltd, DACS 2021

Quando la realtà ha rallentato l’euforia

Il successivo crollo ha riportato tutto su un piano più realistico. Il “crypto winter”, l’inverno del mercato delle criptovalute, ha tagliato la liquidità e rivelato la fragilità di moltissimi progetti. Diverse analisi hanno mostrato una statistica crudele: circa il 96% delle collezioni NFT non registra più scambi significativi. Un numero che racconta la fine dei progetti nati solo per sfruttare l’effetto moda, privi di un vero valore artistico o di una utilità concreta. Perfino OpenSea, il marketplace più noto, ha vissuto momenti in cui il volume delle transazioni è crollato fino al 99%. E se il Bored Ape Yacht Club era diventato simbolo di ricchezza digitale, la sua caduta ha mostrato quanto la volatilità possa trasformare un’icona culturale in un asset incerto nel giro di pochi mesi.

Un caso particolare è The Currency di Damien Hirst: un progetto affascinante e provocatorio che metteva a confronto opere fisiche e NFT. L’indagine emersa nel 2024 sulla reale produzione dei dipinti ha sollevato dubbi sulla trasparenza del sistema dell’arte tradizionale, ricordando che la blockchain certifica la parte digitale, ma non può verificare ciò che avviene nel mondo fisico. È stato un episodio che ha evidenziato i limiti di questo nuovo ecosistema, spesso percepito come infallibile.

Una piccola selezione di CryptoPunks, ritratti in miniatura in 2D di 24x24 pixel di persone, zombie, scimmie o alieni ispirati al punk rock - Crediti: CryptoPunksUna piccola selezione di CryptoPunks, ritratti in miniatura in 2D di 24x24 pixel di persone, zombie, scimmie o alieni ispirati al punk rock - Crediti: CryptoPunks

Dove il valore regge davvero

Dentro questo scenario non mancano realtà solide che hanno continuato a crescere anche quando l’euforia si è spenta. I CryptoPunks, nati nel 2017, sono considerati i capostipiti della crypto art. La loro forza non deriva dalle dimensioni ridotte o dallo stile pixelato, ma dalla loro natura pionieristica: sono gli archetipi del collezionismo digitale. Accanto ai Punks, un ruolo fondamentale lo svolge Art Blocks, piattaforma che ha cambiato il concetto di arte generativa. Qui l’opera non è caricata, ma generata attraverso un algoritmo al momento dell’acquisto. È un’arte che vive nel codice, con una trasparenza radicale. I lavori di artisti come Tyler Hobbs, Dmitri Cherniak e Monica Rizzolli hanno costruito un’estetica riconoscibile e rigorosa, lontana dalle derive più improvvisate degli NFT della prima ora.

Un esempio di stabilità arriva anche dal mondo dello sport. NBA Top Shot, che trasforma le azioni più iconiche del basket americano in momenti collezionabili, ha dimostrato che un brand forte e una chiara utilità possono generare un mercato sano. L’interesse non è nato dall’hype, ma dal legame emotivo con i campioni e dalla solidità dell’ecosistema costruito da Dapper Labs.

Poi c’è la frontiera phygital, dove digitale e fisico si fondono. Il progetto Moon Phases di Jeff Koons ha portato 125 micro-sculture sulla Luna nel 2024, mentre le loro controparti digitali restano sulla blockchain. L’NFT diventa la chiave che collega tre livelli della stessa opera: uno nello spazio, uno sulla Terra, uno online. È un esempio di come l’arte digitale possa trascendere lo schermo e acquisire una dimensione concettuale di grande respiro.

Opera realizzata con l’intelligenza artificiale intitolta Appropriate Reponse di Mario Klingemann in arte Quasimodo - Crediti: QuasimodoOpera realizzata con l’intelligenza artificiale intitolta Appropriate Reponse di Mario Klingemann in arte Quasimodo - Crediti: Quasimodo

L’altra metà dell’ecosistema: l’arte generata dall’intelligenza artificiale

La seconda grande corrente dell’arte digitale nasce dall’incontro con l’AI generativa. Strumenti come Midjourney, Adobe Firefly o DALL·E permettono di creare immagini complesse partendo da semplici descrizioni. Questa accessibilità ha trasformato migliaia di utenti in creatori visivi, inaugurando un’estetica nuova e spesso sorprendente. Il problema è che la facilità può diventare trappola. La produzione di massa rischia di appiattire lo stile, generando opere troppo simili tra loro. I progetti più convincenti sono quelli in cui l’artista controlla il processo, dirige l’algoritmo e crea un linguaggio personale. Qui la tecnologia non sostituisce l’autore, ma lo amplifica.

Il passaggio definitivo verso il riconoscimento istituzionale arriva dalle grandi case d’asta. Mario Klingemann, uno dei pionieri dell’AI Art, ha portato un’opera generata da algoritmi da Christie’s. Refik Anadol, noto per le installazioni immersive basate sui dati, è diventato un riferimento internazionale. L’AI pone però un dilemma giuridico: un’opera generata da un algoritmo può essere tutelata dal diritto d’autore? La risposta dipende dal livello di intervento umano. È una questione aperta, destinata a ridefinire il concetto stesso di autorialità.

Come avvicinarsi a questo mondo con consapevolezza

Chi desidera collezionare arte digitale deve conoscere alcuni strumenti essenziali. I marketplace come OpenSea offrono accesso immediato, mentre piattaforme curate come SuperRare o Nifty Gateway selezionano le opere con un approccio più vicino alla galleria tradizionale. La custodia degli asset, cioè delle opere una volta acquistate, richiede attenzione e appositi strumenti per la loro conservazione. Da una parte abbiamo gli hot wallet come MetaMask cioè portafogli digitali connessi a internet, pratici per gli acquisti ma più esposti ai rischi online. Dall’altra abbiamo i cold wallet cioè dispositivi fisici che conservano le chiavi crittografiche offline, lontano da malware e tentativi di accesso. È una forma di protezione che funziona come una cassaforte: ciò che è scollegato dalla rete resta al sicuro.

Un altro elemento spesso ignorato riguarda le royalties. In questo mercato gli artisti continuano a essere remunerati a ogni rivendita. È un cambiamento profondo rispetto alle logiche storiche dell’arte, dove l’autore non partecipava ai guadagni successivi alla prima vendita.

La home page di MetaMask, un esempio di hot wallet - Crediti: MetaMaskLa home page di MetaMask, un esempio di hot wallet - Crediti: MetaMask

Il futuro dell’arte digitale

Dopo gli eccessi della bolla e le correzioni del mercato, l’arte digitale sta entrando in una fase più matura. La blockchain non è più una promessa miracolosa, ma una tecnologia che protegge la provenienza. L’AI non è più un gioco estetico, ma uno strumento che apre nuovi territori espressivi. L’attenzione si sposta dalla velocità alla qualità. Dalla speculazione alla sostanza culturale. I progetti che resisteranno saranno quelli capaci di coniugare visione artistica, solidità tecnologica e trasparenza. Chi guarda all’arte digitale per la prima volta scopre un mondo fluido, a tratti spiazzante, ma capace di raccontare la nostra epoca meglio di molte forme tradizionali. È un paesaggio in movimento, dove file e algoritmi diventano materia di immaginazione.

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