Il fumo, nella mixology contemporanea, è tornato a essere un linguaggio. Non più semplice effetto scenico, ma un elemento capace di modificare la percezione aromatica, introdurre una pausa, creare una cornice sensoriale attorno al drink. L’affumicatura, diretta o incorporata nei distillati, sta ridefinendo il modo in cui si vive un cocktail: aggiunge tensione, mette in attesa, costruisce un momento. È anche per questo che, negli ultimi anni, la richiesta di cocktail affumicati è cresciuta in modo costante, spinta da un pubblico sempre più curioso e da una tecnica che si è fatta più rigorosa.
È in questo scenario che si inserisce l’esperienza di Edoardo Nono, barman e fondatore del Rita Cocktails e del Rita’s Tiki Room a Milano. Il suo approccio, sempre misurato, tecnico, lontano dalla spettacolarizzazione fine a se stessa, sintetizza bene perché il fumo sia tornato centrale nella mixology. Al Rita, la campana di vetro si solleva lentamente, il fumo si apre come una nebbia leggera e il bicchiere emerge in tutta la sua teatralità.
"È un gesto che crea attesa, concentrazione, desiderio - racconta Nono - Non è solo scena, è parte dell’esperienza. Il cervello si prepara prima del palato. È un modo per dire: adesso, per un momento, ci sei solo tu e il bicchiere davanti a te." Quel momento - visivo, aromatico, sensoriale - è il cuore di una tendenza che ha conquistato la mixology contemporanea: il fuoco nel bicchiere, la rinascita del cocktail affumicato.
"Direi che a Milano la curiosità è sempre stata il motore" dice Nono. "Qui la gente chiede, vuole capire, vuole provare. Negli ultimi cinque anni il livello si è alzato tantissimo. Oggi chi ordina un cocktail affumicato non lo fa per moda: lo fa perché cerca qualcosa che coinvolga i sensi." Secondo i dati CGA by NIQ, il 63% dei clienti italiani dichiara di preferire cocktail d’autore, e il 35% ne consuma di più rispetto all’anno precedente. "C’è un pubblico molto più attento alla qualità, alla tecnica, ai dettagli" spiega Nono. "Non basta più shakerare: serve una storia, un gesto, un perché."
In parallelo, in Europa la vendita di distillati affumicati - whisky torbati e mezcal - è cresciuta di oltre 30% in tre anni (fonte EnoBeverage 2025). "Il fumo è tornato perché rappresenta qualcosa di umano, di antico, di sensuale. È il contrario del digitale: è manuale, è caldo, è vivo."
Nono parla di affumicatura come di un atto di precisione, non di spettacolo. "Ci sono due approcci: quello diretto e quello indiretto" spiega. "Nel primo caso si usa la smoking gun e la campana: il fumo avvolge il bicchiere per pochi secondi, lascia un’impronta, un aroma fugace ma intenso. Nel secondo caso, invece, il fumo è già nel distillato. È il DNA dei whisky torbati e del mezcal. In quel caso il fumo è nella struttura stessa del prodotto." Il segreto è tutto nella misura" aggiunge. "L’affumicatura non deve coprire, deve accompagnare. È come il sale in cucina: se lo senti troppo, hai sbagliato. Se c’è ma non si impone, è perfetta." Ogni legno, racconta, cambia il risultato.
"Con il cedro ottieni un fumo secco, elegante. Con la cannella invece un tono caldo, dolce, speziato. Al Rita’s Tiki Room usiamo spesso corteccia di cannella o spezie tropicali, perché dialogano bene con i rum. Al Rita invece preferiamo il cedro e le botti di rovere: profili più austeri, più maschili."
Per Nono, l’affumicatura è anche una questione di ritmo. "È un gesto lento, e la lentezza oggi è un lusso. Quando affumichi un drink obblighi il cliente ad aspettare. È un’attesa breve ma significativa, quasi meditativa. In quel tempo sospeso si crea connessione. Lui guarda, annusa, immagina. E quando il bicchiere si apre, è già dentro l’esperienza." "Il fuoco, nel bar, ha qualcosa di primordiale" spiega. "Ti rimette in contatto con la materia. È luce, è calore, è trasformazione. Per questo piace: perché è fisico, perché è vivo."
"Tutte le mode passano" ammette, "ma alcune restano come linguaggio. Il fumo è una di quelle. È una tecnica, non un effetto. Se la usi bene, comunica una visione. Se la usi male, diventa solo un trucco da foto su Instagram." Sul rischio di spettacolarizzazione è diretto: "Il bar è anche intrattenimento, ma il problema è quando l’effetto diventa più importante del sapore. Se il drink non è buono, il fumo non lo salverà mai. È un po’ come truccare un piatto mal cucinato: puoi mascherarlo, ma al primo sorso il gioco finisce."
Ma come si capisce, da clienti, se un cocktail affumicato è fatto bene? "Lo senti subito" dice. "L’odore non deve essere di camino spento, ma di legno caldo. Il primo impatto deve essere piacevole, quasi invitante. Poi al palato il fumo deve restare in secondo piano: senti il distillato, non la cenere. E soprattutto, il drink deve restare equilibrato anche quando il fumo svanisce. È lì che capisci se c’è sostanza o solo scena."
"Al Rita cerchiamo sempre l’equilibrio tra estetica e gusto" prosegue. "Non deve essere un effetto, ma un modo per dare profondità. E ogni volta che prepariamo un drink affumicato, l’obiettivo è farlo respirare. Il fumo non è il protagonista: è la cornice.
Due cocktail raccontano meglio di tutti questa filosofia per il 2026. Il primo è lo Smoked Nail, nato per la Old Fashioned Week di Woodford Reserve. "È una variazione dell’Old Fashioned" spiega Nono. "Dentro ci sono bourbon, tequila reposado, liquore di ciliegia e infusione di Kuding Cha, un tè cinese amarissimo che bilancia il tutto. Lo serviamo sotto campana con legno di cedro. Quando sollevi il vetro, l’aroma ti investe. È un drink profondo, serio, da meditazione."
Poi c’è lo Smoked Hops, il più giocoso. "Lì ci siamo divertiti. Usando Laphroaig, uno dei whisky più torbati, con rum, liquore di banana e vaniglia, sciroppo di muscovado, limone fresco e con l’aggiunta di birra IPA. Sopra mettiamo una bolla di fumo: il cliente la rompe con il dito o con il naso, e in quel momento sente l’odore del legno e del mare. È il drink che fa sorridere, ma tecnicamente è molto complesso."
Smoked Nail
50 ml bourbon Woodford Reserve
20 ml tequila reposado
15 ml liquore di ciliegia
5 ml infuso di Kuding Cha
cubo di ghiaccio cristallino
affumicatura diretta con legno di cedro
Servire in tumbler basso sotto campana di vetro, sollevare al tavolo per liberare il fumo.
Aroma secco, legnoso, con finale amaricante e note di ciliegia e tè.
Smoked Hops
40 ml whisky Laphroaig
20 ml rum scuro
10 ml liquore di banana e vaniglia
25 ml succo di limone fresco
10 ml sciroppo di zucchero muscovado
10 ml birra IPA
affumicatura diretta con bolla aromatizzata
Servire in coppa tulipano, completare con sfera di fumo e aprire al momento del servizio.
Equilibrio tra torba, dolcezza tropicale e acidità agrumata, con una chiusura secca e lunga.
"Non credo che il fumo passerà di moda" dice Nono. "Cambierà, si affinerà, diventerà più discreto. Ma resterà. È una tecnica, non una tendenza. E poi, diciamocelo, il fumo affascina sempre: evoca qualcosa di antico, di intimo, di sensuale. È un linguaggio universale. A me piace pensare che il fuoco nel bicchiere sia un modo per far stare la gente bene" aggiunge.
"Se una persona si ferma, guarda, annusa e sorride, allora ho fatto bene il mio lavoro." Il fuoco nel bicchiere è la nuova sensualità del bere: lenta, calda, profonda. Un linguaggio che parla di tempo, di materia e di esperienza. Un invito a non bere soltanto, ma a sentire.
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