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fashion22 ottobre 2025

Anfibi: la scarpa che detta un nuovo codice di stile

Nella Fall/Winter 2025-26 l’anfibio non ritorna: si impone. Nato per resistere, oggi diventa dispositivo strategico di presenza — la scarpa che orienta la moda, non che la segue
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Dr. Martens - Courtesy Press OfficeDr. Martens - Courtesy Press Office

Alcuni oggetti non seguono le tendenze: le innescano. L’anfibio appartiene a questa categoria rara — non reagisce al cambiamento, lo governa. Nella stagione Fall/Winter 2025-26 l’anfibio è diventato la forma più esplicita di potere silenzioso nella moda contemporanea: non un dettaglio estetico, ma un atto di posizione. La sua autorevolezza non nasce dal design, ma dalla storia.

L’anfibio è prima di tutto un oggetto industriale: progettato per il lavoro, non per lo stile. Basti pensare, ad esempio, al 1460 di Dr. Martens — suola antiscivolo, cuoio spesso, cuciture esposte — non nasce per essere visto, ma per resistere. Eppure, è proprio questa verità materiale ad attirare le sottoculture: dal Camden post-punk agli skinhead, dallo ska alla club culture. È il primo oggetto europeo a passare, senza essere modificato, dal lavoro all’identità. Quando negli anni Novanta entra nella moda, non diventa decorazione ma dichiarazione. La moda non lo alleggerisce: è costretta a prenderne il peso.

Anfibi, tra musica e moda

Courtesy Press OfficeCourtesy Press Office

Prima ancora della moda, è la cultura popolare a cambiarne natura. Negli anni ’70 l’anfibio diventa simbolo prima ancora che calzatura: non segue la musica, la incarna. I Clash, i Sex Pistols, Vivienne Westwood — non lo adottano come accessorio, ma come traduzione fisica di un suono che ancora non è mainstream, un’energia anti-borghese che si esprime prima di tutto nel passo. È un oggetto di tensione, non di scena.

Negli anni ’90 attraversa un nuovo trauma culturale — Nirvana, il post-grunge, i locali allagati di sudore, e poi il primo clubbing elettronico ancora lontano dalle capitali moda. L’anfibio diventa la scarpa della collisione: corpo rock e rito techno, chitarra e loop, fango e luci stroboscopiche. È l’unico elemento che resta identico nel passaggio dal palco al dancefloor. Ed è proprio la sua incoerenza apparente a renderlo eterno: l’anfibio non viene mai assorbito. Non diventa trend — rimane frizione. È per questo che Helmut Lang e Raf Simons, quando lo fanno sfilare, non lo trasformano: lo legittimano come forma di pensiero, non come styling.

Tutte le sfumature dell'anfibio

Mahmood - Credits Getty ImagesMahmood - Credits Getty Images

L'anfibio FW25/26 prende forma con grammatica nei backstage e negli show più sensibili al linguaggio urbano – come quello che ritrae l’anfibio classico stringato, suola massiccia ma pulita, accostato a un pantalone in pelle che si apre chirurgicamente sul polpaccio – domina un’idea di funzionalità resa estetica, dove l’elemento utilitario è mantenuto esplicito, mai edulcorato. L’immagine di Mahmood, in cappotto di pelle con bordi di pelliccia e corpo parzialmente esposto, conferma l’anfibio come architettura di identità più che come accessorio: non è styling, è fondazione scenica.

Moschino FW25; Jil Sander FW25; Philipp Plein FW25 - Credits Launchmetrics.com/Spotlight Moschino FW25; Jil Sander FW25; Philipp Plein FW25 - Credits Launchmetrics.com/Spotlight

Sul versante haute manifattura, Giorgio Armani lavora l’anfibio con rigore assoluto — pelle liscia, struttura scolpita con il minimo possibile di messaggio, quasi militare ma aristocratico nella costruzione. Jil Sander compie l’atto estremo di sottrarre: l’anfibio è disciplinato, minimale, anti-narrativo, pura forma-funzione. Moschino, al contrario, lo teatralizza come oggetto culturale, rigido, lucido, pensato per abitare l’immaginario più che il gesto. Philipp Plein ne estremizza invece la fisicità con suole iper-corpose, cromature, spirito notturno, e logica da impatto immediato. Valentino, infine, lo ibrida in chiave urban-luxury, alleggerendo la massa a favore di un’allure quasi sportiva ma altamente grafica — una scala industriale ripulita dentro un vocabolario da heritage contemporaneo.

Gli anfibi come status

Dr. Martens Buzz Hi AW25 - Courtesy Press OfficeDr. Martens Buzz Hi AW25 - Courtesy Press Office

Dentro questo scenario Dr. Martens non considera il proprio archivio come nostalgia, ma come linguaggio vivo da riconfigurare, come status da indossare. La nuova suola Buzz Hi AW25 nasce proprio così: non come citazione estetica, ma come ingegneria di potenza contemporanea. È più alta, arrotondata, strutturata come un’architettura aerodinamica, con pelle semi-anilina lucidissima — che conserva la verità materica dell’anilina pura, ma aggiunge una resistenza tattile e visiva moderna. Il modello strizza l’occhio all’energia degli stivali anni ’90 e 2000, ma la rilegge in chiave sportiva-metropolitana: cinturino Riptape regolabile, toppa in gomma, logica attiva, non archivistica. L’archivio è usato come fonte di forza, non come fetiche collettivo.

Dr. Martens Zebzag Laceless - Courtesy Press OfficeDr. Martens Zebzag Laceless - Courtesy Press Office

Parallelamente, la suola Zebzag evolve da esperimento virale a manifesto di comfort strategico. Nata come mule estivo, diventa ora forma permanente con le versioni Laceless e Rigger, entrambe costruite per muoversi in città non con leggerezza, ma con presenza morbida e autoritaria. Non “comodità come rinuncia”, ma comodità come performance culturale: la metro milanese trasformata in installazione urbana, il comfort presentato come nuovo potere. La suola, ibrido di EVA e PVC, è ammortizzata ma visivamente scultorea — più simile a un gesto progettuale che a un prodotto funzionale.

In questo quadro, la continuità con Rick Owens non ha più nulla di accessorio. Gli anfibi su suola Quad, pelle Republic cerata, linguette verticali e lacci esasperati non servono a reinterpretare la forma — la estremizzano fino a farla diventare rituale strutturale. La campagna, scattata da Owens nel suo studio parigino con la performer techno Sissy Misfit, non mette in scena lo stile: mette in scena la densità energetica. Come lui stesso dichiara evocando Joseph Beuys, è memoria pagana e ingegneria industriale intrecciate nello stesso oggetto.

Black Leather Buzz Hi Boots - Courtesy Press OfficeBlack Leather Buzz Hi Boots - Courtesy Press Office

Anfibi come architettura del passo

L’anfibio non accompagna un look, ne modifica la gravità. Con un abito impalpabile, non lo appesantisce: lo radica. Con un completo sartoriale, non lo contamina: ne sposta la frequenza. Uomo o donna, il gesto è lo stesso: non stile, ma orientamento del corpo. Ed è la musica — non la moda — ad averlo riportato al centro. Nella club culture contemporanea, il suolo non è più sfondo: è percussione. Allo stesso tempo, nel ritorno della band culture dal vivo — non revival, ma rito collettivo — l’anfibio torna come strumento: sudore, attrito, presenza. È, in fondo, l’opposto dell’effimero.

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