Etno-chic, la tendenza d’ispirazione berbera che torna ogni estate
Soffia il vento caldo dal Maghreb e porta babouche, ricami metallici in argento e oro e abiti in cotone grezzo.
Quando la primavera lascia spazio ai primi profumi d’estate c’è una tendenza che, nonostante il passare degli anni, ritorna sempre. Stiamo parlando dell’estetica etno-chic che, tra cotone grezzo, lino, ricami metallici in argento e d’oro, babouche, gioielli d’ispirazione berbera, attinge dalla tradizione sartoriale di Paesi affascinanti come Marocco, Algeria e Tunisia.

Dai pantaloni harem ai giochi di layering presentati da Loewe, ai look mediterranei di Etro che, intrecciando colori, stampe, tessuti e lavorazioni raccontano la joie de vivre e l’artigianalità del brand: anche quest’anno la moda viaggia in questa parte del mondo per creare nuove prospettive estetiche.

Dalla prima volta che il vento caldo del Maghreb soffiò sulle passerelle
Era la fine degli Anni 60 e il grande stilista, ormai scomparso, Yves Saint Laurent, insieme al compagno Pierre Bergé, si innamorava di Marrakech.
Questa sua fascinazione non solo trasformò la capitale marocchina nella sua casa (ancora oggi migliaia di turisti visitano le sontuose stanze di Villa Oasis e dei suoi Jardin Majorelle) ma anche diede vita a un ponte estetico e creativo tra due mondi lontani, capace di influenzare i suoi contemporanei e arrivare fino ai giorni nostri.

E se il dominio incontrastato di Yves Saint Laurent sui dettami di una certa estetica ha lasciato un’eredità difficile da superare, oggi sono molti i designer occidentali che manifestano il loro amore per il Maghreb.
Così decenni più tardi, il mondo della moda continua a voler celare ancora in ogni piega, in ogni abito, un frammento di questa terra mescolando eredità culturale e innovazione.
Una delle testimonianze più emblematiche della contemporaneità ci riporta alla passerella della primavera-estate 2018 di Loewe e quelle strane calzature che già all’epoca balzarono all’attenzione mediatica: sneakers e stivaletti dalla punta all’insù, liberamente ispirate alle tradizionali babouche per reinventare la semplicità nomade in chiave pop.

Non solo accessori… ma anche luoghi.
Nel 2020 è Maria Grazia Chiuri a lasciarsi incantare da Marrakech, dalle sue architetture, dai suoi colori e dai suoi profumi. Proponendo un viaggio mistico tra passato e futuro, la stilista per la Cruise Collection di Dior, scelse lo storico palazzo El Badi costruito dal sultano Sa'diano Aḥmad al-Manṣūr al-Dhahabī nel 1578.

Tra le ultime ibridazioni che ci hanno incuriosito c’è invece il defilé che il Museo dell’Arte Culinaria Marocchina ha ospitato negli ultimi giorni di aprile per celebrare la fusione tra moda e gastronomia, tra antichi caftani e abiti tradizionali rivisitati dall’estro creativo di giovani emergenti, e raccontare in ogni piega, in ogni abito, un frammento di Maghreb mescolando eredità culturale e innovazione.

Una nuova generazione di designer tra identità culturale e sperimentazioni
Con lo sguardo rivolto al futuro e il cuore al passato, c’è una nuova generazione di designer che - raccogliendo i frutti della propria identità culturale e mescolandoli al savoir-faire occidentale - ci sta trasportando in un mondo emozionante.
Tra questi Artsi Ifrach, meglio noto come Maison ARTC. Applaudito da oltre 100 mila follower, il giovane designer è metà marocchino e metà israeliano. Realizza con tessuti vintage e materiali riciclati collezioni dallo spiccato gusto teatrale travalicando i confini dell’Africa per approdare prima a Londra e poi a Parigi.
Maison Sara Chraïbi, che già da qualche tempo ha conquistato la ville lumière e, in occasione dell’ultima couture parigina, ha trasportato la sacralità del Corano in passerella. Ispirata dalla luce e dagli astri ha presentato un defilé unico nel suo genere raccogliendo il plauso dal quotidiano francese “Le Monde”, che l’ha definita una “poetessa dello stile”.

O ancora Zineb Hazim, la stilista italo marocchina che ha fatto della sua moda e dei hijab glamour una lotta contro gli stereotipi, un veicolo di inclusione sociale e uno strumento di bellezza… con o senza veli.
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