C’è un’Italia che vince, cresce e convince senza clamore. Ed è un’Italia che, quasi paradossalmente, non si trova nel calcio. Mentre la Nazionale di Gennaro Gattuso vive un ciclo fragile, fatto di risultati irregolari, qualificazione ai Mondiali ancora da conquistare, difficoltà tecniche e identitarie, il resto dello sport italiano ha imboccato una traiettoria opposta. Una traiettoria chiara, sostenuta da trionfi e da un cambio culturale che ha iniziato a dare frutti concreti.
Negli ultimi anni, infatti, l’Italia ha costruito una presenza più solida nello sport internazionale. Lo dimostrano la crescita del tennis, la solidità della pallavolo, il ritorno dello sci ai vertici, l’emergere di nuovi talenti nell’atletica e la continuità, quasi scontata, di nuoto e scherma. Non è una stagione fortunata: è la fotografia di un sistema che ha iniziato a funzionare in settori dove per molto tempo mancavano programmazione, ambizione e identità tecnica.
Il tennis è oggi uno degli indicatori più chiari della rinascita azzurra. Jannik Sinner ha appena chiuso un 2025 da record, dopo aver portato l’Italia nei piani alti del circuito internazionale con una continuità che mancava da decenni. Ma la parte interessante è ciò che si muove attorno a lui: centri tecnici rinnovati, strutture federali più moderne, preparatori stranieri inseriti nei team, un dialogo costante tra accademie private e federazione.
La vittoria in Coppa Davis, ottenuta senza poter contare né su Sinner né su Musetti nella fase decisiva, è il segnale più concreto di questa crescita. Matteo Berrettini, Flavio Cobolli e Lorenzo Sonego hanno sostenuto la squadra con maturità, mostrando che l’Italia non dipende più da un solo campione. È un successo che nasce da un movimento completo, non da un exploit individuale.
La pallavolo italiana sta attraversando uno dei momenti più forti della sua storia recente. Nel 2024 la nazionale femminile ha conquistato un risultato che mancava da sempre: l’oro olimpico a Parigi. Un traguardo che ha definito un salto di qualità netto, non solo per l’impresa in sé ma per la maturità con cui è arrivato.
Nel 2025 il movimento ha confermato la propria solidità su entrambi i fronti. La nazionale maschile ha vinto il Mondiale superando la Bulgaria in finale, proseguendo il percorso avviato con i titoli europeo 2021 e mondiale 2022. Anche il gruppo femminile guidato da Julio Velasco ha completato un ciclo importante conquistando il Mondiale a spese della Turchia.
Due trionfi non scollegati tra loro, ma frutto di un sistema che negli ultimi anni ha lavorato con continuità. Il campionato italiano resta uno dei più forti al mondo, le società investono stabilmente nei settori giovanili e lo staff tecnico delle nazionali ha trovato un equilibrio efficace tra ricambio e gestione dell’esperienza. È una struttura che funziona a prescindere dai singoli nomi e che ha permesso all’Italia di diventare, a tutti gli effetti, una potenza globale della disciplina.
Lo sci alpino ha vissuto stagioni complesse, ma oggi presenta una struttura più riconoscibile. Federica Brignone ha superato quota 60 podi in Coppa del Mondo e continua a essere una presenza di riferimento; Sofia Goggia, nonostante gli infortuni, resta una delle discesiste più forti e attese del circuito; Marta Bassino rimane tra le interpreti più tecniche del gigante; Dominik Paris, nelle discipline veloci, è competitivo da oltre un decennio. Questo mix di esperienza e qualità permette all’Italia di presentarsi a ogni gara con reali ambizioni di podio e di rilanciare il desiderio di neve e lo stile ad alta quota anche tra i meno atletici.
Dopo i trionfi olimpici e mondiali, Jacobs e Tamberi hanno attraversato stagioni meno brillanti, ma il loro impatto sul movimento resta evidente. Hanno aperto una strada che prima sembrava difficilmente percorribile e hanno cambiato l’immaginario di un settore che per anni aveva faticato a trovare continuità.
Tra i nomi emergenti c’è Mattia Furlani, talento del salto in lungo capace di misure da livello mondiale nonostante l’età giovanissima. Nei 110 ostacoli Lorenzo Simonelli ha iniziato a inserirsi con regolarità nelle finali internazionali, mostrando una maturità tecnica crescente. Sugli 800 metri, una specialità tradizionalmente difficile per l’Italia, Catalin Tecuceanu sta riportando il movimento in zone di classifica che mancavano da tempo. Non formano ancora un ciclo compiuto, ma rappresentano una base larga e promettente.
Nuoto e scherma continuano a essere le discipline più stabili. Nel nuoto, tra Mondiali ed Europei, l’Italia ha costruito un gruppo di atleti capace di garantire medaglie in più specialità, dalla velocità al mezzofondo. La scherma, d’altra parte, conferma una tradizione che resiste da decenni: club organizzati, allenatori competenti e una cultura tecnica che consente a ogni generazione di presentarsi con atleti pronti per competere ai massimi livelli.
Il confronto con gli altri sport diventa inevitabile. La Nazionale di calcio fatica a trovare continuità, a causa di un sistema che alla base – a partire dai club - produce pochi giovani pronti per l’alto livello. Non è solo una questione di risultati: è un limite strutturale. Mentre altri sport hanno aggiornato metodi di lavoro, modelli organizzativi e preparazione tecnica, il calcio è rimasto più statico.
La forza di questa “rinascita azzurra” non deriva da una generazione particolarmente fortunata, ma da scelte strategiche: federazioni che hanno investito in tecnici e metodologie moderne, club che hanno creato contesti competitivi e investito sui giovani e sulla collaborazione con le federazioni, atleti che hanno iniziato a confrontarsi con standard internazionali.
Il risultato è un’Italia che si presenta con credibilità in sport dove, fino a pochi anni fa, mancavano struttura e continuità. E che oggi, mentre il calcio inciampa, scopre di avere molto più da dire e da vincere di quanto immaginassimo.
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