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lifestyle06 novembre 2025

La cucina dell’essenziale: quando i grandi chef trasformano gli ingredienti poveri in alta gastronomia

Dal pane raffermo al pomodoro maturo, dalle cipolle caramellate alle verdure di stagione: quattro maestri della cucina italiana riscrivono il linguaggio della semplicità, trasformando la povertà in arte
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In un momento storico in cui la ristorazione d’autore oscilla tra virtuosismo tecnico e ricerca estetica, una parte della grande cucina italiana ha scelto un’altra via: quella del ritorno all’essenziale. È un movimento silenzioso ma profondo, che rivaluta la forza primordiale della semplicità: non come rinuncia, ma come principio generativo.

Gli chef che lo guidano non abbandonano la complessità: la nascondono dietro un’apparente naturalezza, nelle pietanze così come a tavola. Nei loro piatti, gli ingredienti “poveri” — pane secco, uova, cipolle, legumi — diventano materia di riflessione sul tempo e sulla memoria. Ogni gesto, ogni sapore, racconta una storia antica che viene riscritta con linguaggio contemporaneo.

Non è più il trionfo dell’opulenza, ma quello della verità: la cucina come spazio di equilibrio tra passato e presente, tecnica e sensibilità, radici e sguardo.

E mentre l’autunno porta con sé tutta una serie di ricette con ingredienti di stagione, l’approssimarsi dell’inverno richiama i comfort food e i piatti di recupero. Semplici solo all’apparenza, ma dal gusto assicurato.

Zuppa di pane e uovo – Andrea Ribaldone

Ci sono piatti che non si inventano: si ricordano. La Zuppa di pane e uovo di Andrea Ribaldone appartiene a questa categoria. È una ricetta che profuma di case piemontesi, di stufe accese e di silenzi domenicali. Ma nel racconto dello chef diventa anche una riflessione sulla cucina come archivio di emozioni.

Ribaldone parte dal gesto più semplice e antico: recuperare ciò che avanza. Un brodo - di verdure, di pollo o di manzo - che ribolle sul fuoco, qualche fetta di pane raffermo e un uovo. Da questi tre elementi nasce un piatto che si costruisce con lentezza, come un rito domestico.

Il pane si scioglie nel brodo caldo, assorbendone i profumi, mentre il formaggio grattugiato lo trasforma in una crema densa, quasi vellutata. Le uova, aggiunte fuori dal fuoco, legano tutto con delicatezza, evitando ogni eccesso di cottura.

Nel piatto arriva una zuppa dorata, lucida, in cui un tuorlo crudo si posa al centro come un segno grafico, pronto a colare al primo cucchiaio. Sopra, qualche foglia di timo o di maggiorana. È una cucina che non cerca la sorpresa, ma il conforto. Quella che fa parlare il gusto più del gesto. «Quando la preparo - racconta Ribaldone - non cucino, mi ricordo».

Zuppa di pane e uovo, Andrea Ribaldone - Courtesy Press OfficeZuppa di pane e uovo, Andrea Ribaldone - Courtesy Press Office

I tre pomodori – Alessandro Negrini e Fabio Pisani

Alla guida de Il Luogo di Aimo e Nadia, Alessandro Negrini e Fabio Pisani rappresentano una delle voci più lucide e coerenti della cucina italiana. Ogni loro piatto è una tesi sul rapporto tra territorio e identità, tra storia e percezione. La loro reinterpretazione della pappa al pomodoro, ribattezzata I tre pomodori, ne è la dimostrazione più limpida.

Il punto di partenza è una domanda: cosa accade se la stessa ricetta viene scomposta nelle sue varianti territoriali, nei diversi volti del pomodoro italiano? Nasce così una triade di sapori: il piccadilly pugliese, il datterino dolce e aromatico, e il ramato siciliano, più acido e carnoso. Ognuno viene cotto in modo diverso (alcuni arrostiti, altri marinati, altri appena scottati) per farne emergere l’essenza.

La pappa al pomodoro si trasforma in un intreccio di toni, consistenze e temperature. Nel piatto, le fragoline di Tortona e i capperi di mare aggiungono note di freschezza e mineralità, mentre l’olio extravergine chiude il cerchio con una rotondità quasi dolce.

È una ricetta che conserva la nostalgia dell’infanzia, ma la rilegge con rigore architettonico. Negrini e Pisani si interrogano sul senso della memoria, ricordando che la tradizione, per vivere, deve ogni volta reinventarsi.

I tre pomodori, Alessandro Negrini e Fabio Pisani - Courtesy Press OfficeI tre pomodori, Alessandro Negrini e Fabio Pisani - Courtesy Press Office

Minestrone contemporaneo – Daniel Canzian

Per Daniel Canzian, la cucina è un linguaggio etico prima che estetico. Allievo di Gualtiero Marchesi, ha ereditato dal maestro soprattutto la filosofia: il rispetto per la materia e la purezza dell’idea. Nel suo minestrone contemporaneo, nato nel 2013 e divenuto un classico, la tradizione popolare si eleva a esercizio di precisione.

Il piatto si costruisce in due tempi. Il primo è quello della preparazione delle verdure: ogni ortaggio (lui utilizza cavolfiore, carota, sedano, patata, cavolo romanesco, broccoli) viene cotto separatamente, per preservarne struttura e colore. Nulla si confonde, tutto si definisce. Il secondo è quello del brodo di pomodoro, chiarificato con albumi e filtrato fino a ottenere un liquido trasparente e profumatissimo. È l’elemento che unifica, il legante che dà voce al coro.

In sala, il brodo viene versato davanti al commensale: un gesto teatrale ma misurato, che trasforma il piatto in un momento di sospensione. Il minestrone diventa così metafora di un modo di stare al mondo: rispettoso, armonico, essenziale.

Minestrone contemporaneo, Daniel Canzian - Courtesy Press Office Minestrone contemporaneo, Daniel Canzian - Courtesy Press Office

Caldo e freddo di cipolla e grana – Davide Oldani

Con la sua idea di cucina POP, Davide Oldani ha dimostrato che il “lusso accessibile” non è un ossimoro, ma un modo di pensare. Il suo linguaggio nasce dall’equilibrio dei contrari: morbido e croccante, caldo e freddo, dolce e salato.

Nel suo caldo e freddo di cipolla e formaggio, una rivisitazione della sua celeberrima cipolla caramellata, il contrasto diventa strumento di armonia. Si comincia con la cipolla bianca, tagliata finemente e cotta lentamente in burro e zucchero fino a diventare ambrata e dolcissima. Su questa base si innestano due elementi opposti: una spuma calda di formaggio e un gelato salato, che ne bilanciano l’intensità.

Il piatto si costruisce su livelli sensoriali: il calore avvolge, la dolcezza rilassa, il freddo sorprende, il croccante finale - una sottile sfoglia sbriciolata - riporta l’equilibrio. Oldani orchestra il tutto come un compositore: in ogni boccone si alternano consistenze e temperature in un ritmo preciso, mai eccessivo.

È una cucina che cerca prima di tutto di far pensare: sull’armonia possibile tra opposti, sulla bellezza della misura. Un piatto che dimostra come la semplicità, se trattata con intelligenza, possa diventare la più sofisticata delle forme.

Caldo e freddo di cipolla e grana, Davide Oldani - Courtesy Press Office Caldo e freddo di cipolla e grana, Davide Oldani - Courtesy Press Office

La semplicità come rivoluzione

Ribaldone, Negrini e Pisani, Canzian, Oldani: quattro visioni diverse, una direzione chiara. Nei loro piatti non c’è solo nostalgia, ma una riflessione contemporanea sul valore del less is more. L’ingrediente “povero” diventa atto culturale: ricorda che la grande cucina non nasce dal privilegio, ma dalla precisione, dalla misura, dal tempo speso bene.

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