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Lifestyle13 ottobre 2025

Comfort gourmet: quattro chef raccontano l’autunno con piatti che scaldano il cuore

Dalla Val di Chiana alle Langhe passando per il Lario, quattro piatti d’autore trasformano i sapori autunnali in un racconto di territorio, emozione e memoria
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C’è un momento dell’anno in cui la cucina si fa più intima, più lenta, più evocativa e la tavola si tinge dei colori dell’autunno. È la stagione che nel cinema di Miyazaki si colora di oro e malinconia, dove la natura diventa rifugio e i sapori rievocano storie, ma è anche la stagione più gourmet. I profumi si concentrano, la luce si abbassa, e gli ingredienti tornano protagonisti: tartufo, cachi, funghi, erbe e carni raccontano il paesaggio italiano come in un grande affresco sensoriale.

In questo itinerario ideale tra Val di Chiana, Langhe e pianura lombarda, quattro chef reinterpretano la cucina d’autunno con sensibilità e tecnica, trasformando prodotti di stagione in piatti che parlano di identità e di emozione. Ne nasce un viaggio nel gusto che unisce tradizione e innovazione, dove ogni ricetta diventa la fotografia di un territorio e del suo tempo.

Val di Chiana: la dolcezza toscana dei Pici alla carbonara di cachi e aglione

La chef stellata Silvia Baracchi, anima de Il Falconiere in Val di Chiana, parte da una delle paste più umili e identitarie della Toscana, i pici, per firmare un piatto che è insieme ironico e sensuale: Pici alla carbonara di cachi e aglione della Val di Chiana. Il caco, frullato fino a diventare velluto, sostituisce il tuorlo d’uovo creando una crema dorata che richiama la luce autunnale. La pancetta introduce la sapidità necessaria, mentre l’aglione — più gentile e aromatico dell’aglio comune — restituisce equilibrio e personalità. Un tocco di peperoncino e alloro chiude la sinfonia. Il risultato è una “carbonara depurata”, come la definisce la chef, dove il comfort incontra l’eleganza: un piatto che gioca con la tradizione e la reinventa, restando profondamente toscano.

Lario: l’agnello come racconto del fuoco e della terra

Agnello cotto sul fuoco, ricotta di capra, sottobosco fermentato, ciliegie e frutta secca 
Credits: Courtesy Press Office 
Agnello cotto sul fuoco, ricotta di capra, sottobosco fermentato, ciliegie e frutta secca Credits: Courtesy Press Office

L’Agnello alla brace, ricotta di capra, ciliegia fermentata e frutta secca di Luca Mozzanica, Executive Chef di Villa Lario Resort, a Mandello, è un piatto che parla la lingua del fuoco e del tempo. L’agnello, allevato da produttori che ne curano l’alimentazione con cicoria per alleggerirne le carni, viene marinato con olio al porro e cotto a più riprese sulla brace, senza sottovuoto né basse temperature, per conservare integrità e sapore. Nel piatto, la ricotta di capra bilancia la forza della carne; la ciliegia fermentata, conservata dall’estate, diventa un chutney agrodolce che dona verticalità; il croccante salato di frutta secca (noci, mandorle, pistacchi e nocciole) aggiunge consistenza e calore. A completare, una polvere di limone bruciato, che profuma di terra e regala freschezza balsamica, e un jus delle ossa, servito in sala come gesto conclusivo e rituale. Un piatto che, nelle parole dello chef, “racconta la mia filosofia: il territorio come memoria viva, e il fuoco come gesto primordiale”.

Langhe: il risotto come esercizio di equilibrio e memoria

Borgo Sant’Anna - Credits: Courtesy Press Office Borgo Sant’Anna - Credits: Courtesy Press Office

Nelle Langhe, tra colline che profumano di tartufo e nebbia, Pasquale Laera, chef del ristorante Borgo Sant’Anna (1 stella Michelin), firma un piatto che è insieme omaggio e sovversione della tradizione: Risotto al tartufo bianco, caciocavallo e jus di verdure autunnali. Parte da un brodo vegetale costruito con tapinambur, cardi e foglie di cavolo — ciò che normalmente verrebbe scartato — e ne fa la base di un fondo profondo, aromatico e sostenibile. Due caciocavalli, uno giovane e uno di grotta, dialogano con il tartufo creando un equilibrio di grassezza e freschezza, dolcezza e sale. A chiudere, un accenno di burro all’acciuga, per evocare la memoria del Sud e unire idealmente due Italie. Il risultato è un risotto vibrante, in cui il tartufo non è un vezzo ma una voce nel coro: un piatto che profuma di bosco e di casa, di eleganza e malinconia.

Chianti: il bosco incontra la brace al Poggio Rosso

Funghi del Chianti e crudo - Credits: Courtesy Press OfficeFunghi del Chianti e crudo - Credits: Courtesy Press Office

“Rimanere nel Chianti per me è come restare a casa: qui ogni ingrediente racconta una storia e ogni stagione ha la sua voce”, raccontava Stelios Sakalis al momento del suo insediamento come Head Chef di Borgo San Felice Resort. Ora che l’autunno è arrivato con il suo foliage e i suoi profumi, lo chef ha ridisegnato la carta del ristorante Poggio Rosso (una stella rossa e una verde Michelin) per dare voce ai colori e ai sapori del territorio.

Nel menu Toscanità, il più radicato nella tradizione chiantigiana, fanno il loro ingresso i Funghi del Chianti e crudo di Chianina alla brace: Cardoncelli, Porcini e Finferli si alternano in consistenze e profumi, accompagnando una tartare di Chianina impreziosita da chips di tendini soffiati. Accanto a questo, resta un grande classico della sua cucina, il Risotto con burro bruciato e salvia, finger lime e ragù di creste di gallo, un piatto che unisce comfort e precisione tecnica, evocando il calore domestico della Toscana più autentica.

L’autunno come filosofia del gusto

Dalla Val di Chiana alle Langhe fino al Lago di Lecco, l’autunno diventa un modo di pensare la cucina: più lenta, più consapevole, più sensuale. Tre piatti diversi, tre chef accomunati da una stessa idea: l’alta cucina non è solo tecnica, ma anche emozione, paesaggio, racconto. In ciascuno dei loro gesti si ritrova quella verità che solo la stagione più introspettiva dell’anno riesce a ispirare — quando il tempo rallenta, i colori si fanno profondi e il sapore diventa memoria.

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