A 46 anni, Ryan Tedder è considerato uno degli autori più prolifici e influenti della musica pop mondiale. Frontman degli OneRepublic, è il nome dietro alcune delle canzoni più note degli ultimi quindici anni. Ha firmato “Halo” di Beyoncé, “Rumour Has It” di Adele, “Bleeding Love” di Leona Lewis, “Already Gone” di Kelly Clarkson, “Counting Stars” per se stesso e per la sua band. E la lista continua con Taylor Swift, Ariana Grande, Ed Sheeran, Jonas Brothers e persino Paul McCartney, con cui ha condiviso sessioni di scrittura. Una produzione che somiglia più a una biografia parallela del pop contemporaneo che a una semplice discografia. Non a caso lo chiamano “il re Mida del pop”: ogni brano che tocca tende a trasformarsi in un successo planetario. Ma Tedder non insegue algoritmi né tendenze: lavora come un artigiano. “Scrivere è come cucire un abito su misura per la voce di chi hai davanti”, ha spiegato in diverse interviste.
Fuori dallo studio, Tedder è altrettanto preciso. Lo si riconosce per uno stile sobrio e calibrato, che mescola rigore e movimento. Ama una palette essenziale — bianco, nero, denim — e capi che privilegiano la praticità senza rinunciare al carattere. Le giacche di pelle sono la sua seconda pelle, abbinate a T-shirt pulite e pantaloni slim. Ai piedi, sneakers high-end come Adidas Human Race o modelli vintage Nike; al polso, orologi dal design industriale. Niente loghi evidenti, niente ostentazione: solo equilibrio. Il suo stile racconta esattamente ciò che la sua musica suggerisce — controllo e profondità, senza eccessi. Minimalista ma mai anonimo, Tedder ha l’eleganza di chi conosce il proprio posto nella scena globale e non ha bisogno di urlarlo.
Pur non avendo mai legato il suo nome a una maison come ambassador, Tedder è da anni vicino al mondo fashion. È apparso a eventi di Tom Ford e Saint Laurent, e ha citato più volte Rick Owens e John Varvatos come riferimenti di stile. Il suo guardaroba parla di materiali pregiati e tagli netti, di abiti pensati per il movimento più che per la posa. Anche il suo studio di Los Angeles, raccontato da Architectural Digest, riflette la stessa estetica: legno chiaro, pelle, luce naturale, strumenti disposti come oggetti d’arredo. Una coerenza visiva che attraversa ogni aspetto della sua vita. Per Tedder, arte, moda e architettura sono linguaggi contigui. "Il suono ha una forma. Quando scrivo, la vedo". È la visione di un artista che costruisce musica come se progettasse spazi: con equilibrio, proporzione e luce.
Con “Halo” ha dato a Beyoncé una delle sue ballad più iconiche; con “Rumour Has It” ha incorniciato la voce di Adele in un brano che unisce grinta e ironia; con “Bleeding Love” ha trasformato una sconosciuta Leona Lewis in una star globale. Ogni canzone che porta la sua firma segue la logica di un designer: la ricerca della proporzione perfetta tra emozione e struttura. È anche uno dei pochi produttori capaci di mantenere un equilibrio raro: essere musicista visibile e ghostwriter di successo.
Nessun eccesso, nessuna sovraesposizione. Ryan Tedder preferisce far parlare la musica — e lo stile. Quando sabato salirà sul palco di Milano con gli OneRepublic, porterà con sé un’idea precisa di eleganza: quella che unisce testa e cuore, suono e forma, voce e presenza. Il pubblico lo vedrà dietro un microfono, ma ogni gesto racconterà la stessa filosofia che guida le sue canzoni: less is more, ma con anima. Come nello spirito di quella sua dichiarazione di vita cantata: I swear I lived, confesso che ho vissuto.
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