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lifestyle04 ottobre 2025

A Milano arriva Arnaldo Pomodoro. Luoghi, memorie e visioni: il nuovo capitolo del ciclo di mostre Open Studio

Dal 4 ottobre al 31 maggio 2026 la Fondazione Arnaldo Pomodoro apre le porte per un percorso fatto di sculture e progetti visionari. Ripartono anche visite e laboratori nello Studio milanese del maestro
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La Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta il quarto capitolo di "Open Studio", il ciclo di mostre avviato nel 2022 che svela, di volta in volta, lati inediti dell’opera e della vita del Maestro. In programma dal 4 ottobre al 31 maggio 2026 a Milano, “Open Studio #4 Arnaldo Pomodoro. Luoghi, memorie e visioni" è un percorso che, dagli anni Settanta ai Duemila, racconta come la scultura per Pomodoro smetta di essere “oggetto nello spazio” e diventi "spazio totale", ambiente da attraversare con lo sguardo e con il corpo, dove memoria personale e collettiva generano visioni in divenire.

Arnaldo Pomodoro e Milano: un legame inciso nel bronzo

Uno "spazio totale", appunto, come quello che Arnaldo Pomodoro ha costruito a Milano, in un rapporto tra artista e città che è uno dei più solidi e riconoscibili della storia artistica: la città non è solo lo scenario della sua carriera, ma un vero palcoscenico urbano in cui le sue sculture dialogano quotidianamente con cittadini e visitatori.

Emblematico è il monumentale “Disco di Arnaldo Pomodoro” (1967) al centro di piazza Meda, che negli anni è diventato punto di riferimento iconico del centro cittadino. Con i suoi tre metri e mezzo di diametro, la grande sfera di bronzo spaccata, cesellata e lucida rappresenta la tensione tra ordine e disordine, tra superficie levigata e materia che si apre, tra armonia e conflitto: una metafora universale che Milano ha adottato come parte del proprio paesaggio identitario.

Pomodoro ha spesso raccontato come il capoluogo lombardo sia stato per lui terreno fertile di sperimentazioni, luogo di committenze pubbliche e private, laboratorio di confronto con architetti, designer e intellettuali. Un dialogo che continua ancora oggi, consolidando l’immagine del capoluogo lombardo come capace di accogliere e custodire l’arte contemporanea, rendendola parte integrante del suo tessuto urbano. Fino a poche settimane fa, per esempio, è stato riaperto al pubblico il Labirinto Arnaldo Pomodoro, un'opera unica nel suo genere, un viaggio tra arte, mito e storia, incastonato nei sotterranei dell'headquarter milanese della maison Fendi.

Open Studio #4 Arnaldo Pomodoro 
Credits: Courtesy Press OfficeOpen Studio #4 Arnaldo Pomodoro Credits: Courtesy Press Office

Il percorso della mostra

Per raccontare Arnaldo Pomodoro, la mostra "Open Studio #4" ha pensato a un percorso articolato, che si apre tra il cortile e il salone della Fondazione, con una ventina di sculture divise in due allestimenti ispirati ai display più sperimentali delle mostre presentate dall'artista tra gli anni Ottanta e Novanta, che attivano dialoghi e aggregazioni teatrali (un’esperienza, quella del teatro, decisiva nel linguaggio di Pomodoro).

Ecco gli Scettri e le Rive dei mari, la Rotativa di Babilonia, le Aste cielari e i Cippi: frammenti di Egitto, riflessi di Mediterraneo, materiali e storie condensati in un “modo unitario di visione”.

Nello spazio della progettazione prende forma il cuore concettuale: i "Progetti visionari". “Luoghi ideali” e "utopie totali" in cui l’archetipo ambientale o architettonico si fa environnement scultoreo.

In mostra i modelli di progetti come il Nuovo cimitero di Urbino, The Pietrarubbia Group e Tenda fortilizio, affiancati da disegni, grafiche e bacheche d’archivio che spalancano l’officina del pensiero. Il finale è un varco: il progetto Ingresso nel labirinto, summa della ricerca attorno ai temi di luogo, memoria e visione.

Open Studio #4 Arnaldo Pomodoro
Credits: Courtesy Press Office 
Open Studio #4 Arnaldo Pomodoro Credits: Courtesy Press Office

Ripartono visite e laboratori nello studio Arnaldo Pomodoro

Non solo esposizione: ripartono anche visite e laboratori nello studio Arnaldo Pomodoro, eredità diretta del volere dell’artista.

Qui la manualità è metodo e messaggio: colata di gesso, calchi per sfere, semi-sfere, stampa a monotipi, “il foglio come scultura” (piccole tirature firmate e numerate) fino alla cartotecnica e legatoria (fanzine, pop-up, “sedicesimi” rilegati a mano).

Percorsi pensati per famiglie, giovani e adulti, per restituire, come diceva Pomodoro, la “consapevolezza dell’essere artista”: il pensiero passa dalle mani.

Tra le visite speciali, un’esperienza immersiva guidata nello Studio, tra opere e materiali d’archivio, che inizia con un calice di vino.

Una scelta non casuale: la cantina umbra Carapace, firmata da Pomodoro, è essa stessa scultura abitabile, prova di come il Maestro abbia portato l’arte nel paesaggio, e viceversa.

Arnaldo Pomodoro scriveva: “Uscire dal proprio studio… non è una facoltà: è un dovere. Il compito dello scultore è coinvolgersi con il tessuto urbano, facendo sentire l’importanza pubblica dell’arte.”

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