Negli ultimi anni, nei boschi d’Europa accade qualcosa di silenzioso ma tangibile: le bacche di ginepro, piccole e resinose, mostrano segni di stress. Il riscaldamento globale, l’irregolarità delle stagioni e la crescente aridità dei terreni ne alterano tempi di maturazione, dimensioni e concentrazione di oli essenziali. Cambiano così anche le caratteristiche del gin, che diventa meno balsamico e più secco, meno floreale e più minerale.
È una trasformazione che parte dalla natura e arriva al bicchiere, influenzando l’intera filiera: dai raccoglitori di bacche ai master distiller, fino ai bartender che reinterpretano la tradizione nei locali più sofisticati.
Nel 2024 il mercato italiano degli spirits ha registrato un consumo interno di circa 127 milioni di litri, con una contrazione dell’8,5% rispetto al 2019, secondo i dati di Beverfood. Ma in questo scenario complessivamente in calo, il gin rappresenta l’eccezione. È infatti il segmento più vitale e in crescita: +25% negli ultimi cinque anni e circa 7 milioni di litri consumati annualmente. Un successo che ha contribuito a spingere il valore complessivo del mercato italiano degli spirits, oggi intorno ai 689 milioni di euro, con il gin che cresce da solo del 15% rispetto al 2023, come riportato da Wine Meridian.
Il ginepro, che un tempo cresceva spontaneo dalle Alpi alla Scozia, oggi vive cicli di maturazione più brevi e raccolti più irregolari. "Non abbiamo ancora una storicità tale da poter affermare con certezza che il ginepro o le altre botaniche stiano modificando il loro profilo aromatico" spiega Dario Rinaldi, fondatore e CEO di Nysura Distillery, una delle realtà italiane più attente all’evoluzione del gusto in chiave ambientale. "Tuttavia stiamo osservando come il cambiamento climatico influenzi i cicli biologici delle piante. In distilleria teniamo un database che registra i periodi di raccolta delle botaniche, e da qualche anno notiamo un anticipo generale di alcune fasi, come la fioritura. Il sambuco, per esempio, oggi sboccia leggermente prima rispetto al passato." Un anticipo che, pur minimo, cambia tutto: le maturazioni sono diverse, gli aromi si fanno più secchi e meno persistenti. La natura cambia ritmo, e chi distilla deve imparare a seguirla.
Per affrontare questa variabilità, le distillerie combinano osservazione e tecnologia. "Non possiamo più fidarci del calendario" aggiunge Rinaldi. "Andiamo più spesso in campo per monitorare gli stadi delle piante. La natura segue ritmi meno prevedibili e dobbiamo adattarci." Molti produttori introducono strumenti scientifici nei processi tradizionali, come la distillazione a freddo o le estrazioni sotto vuoto. "In Nysura utilizziamo un rotary evaporator, uno strumento da laboratorio che permette di distillare a temperature bassissime grazie al vuoto interno. Così riusciamo a preservare i profumi delle botaniche più delicate e ottenere distillati puri e aromatici." È una rivoluzione silenziosa che unisce la precisione della scienza all’anima dell’artigianato, trasformando il gin in un prodotto che racconta il proprio territorio.
La sostenibilità, oggi, non è più una scelta accessoria, ma un principio fondante. "Per noi è una questione di armonia con la natura" spiega Rinaldi. "Utilizziamo botaniche del territorio, in gran parte spontanee, e sviluppiamo sinergie con altre realtà locali per ridurre gli sprechi. Collaboriamo con un produttore di marmellate che usa la polpa degli agrumi, mentre noi impieghiamo le bucce. E cediamo il ginepro esausto a un produttore di kombucha per aromatizzare le sue bevande." Un approccio circolare che riflette un cambiamento di mentalità più ampio.
Molte distillerie italiane stanno investendo in energia rinnovabile, in sistemi di recupero idrico e in packaging sostenibile, mentre cresce un pubblico sempre più sensibile. Secondo il Nomisma Beverage Observatory 2025, il 43% dei consumatori italiani di spirits dichiara di preferire prodotti a basso impatto ambientale.
Tutti questi cambiamenti si riflettono anche nel mondo del lifestyle contemporaneo, dove il gin tonic è diventato un’esperienza estetica e sensoriale. A Milano, nel cuore dell’eleganza urban, Silene accoglie gli ospiti tra superfici dorate e luci calibrate: ogni drink è un atto scenico. A Roma, il Bulgari Bar traduce il concetto di lusso in misura e silenzio: marmo nero, vetri Murano dorati, terrazze affacciate sulla città.
In entrambi, la proposta di gin è una narrazione di contemporaneità: etichette artigianali, botaniche locali, distillerie carbon-neutral, bottiglie leggere e design sostenibile. I cocktail vengono serviti con ghiaccio scolpito, garnish essenziali e abbinamenti gastronomici calibrati — sashimi con gin floreale, carpacci con note erbacee, crostini con gin speziato. Il design accompagna la narrazione: vetri satinati, luci calde, materiali che amplificano la sensazione tattile del lusso consapevole.
Il nuovo corso del gin parla molte lingue, ma condivide una stessa filosofia: equilibrio, trasparenza e responsabilità. Dai boschi del Nord Europa ai campi assolati del Mediterraneo, la nuova generazione di distillerie sta riscrivendo il linguaggio del distillato più amato del mondo, mescolando innovazione e radici territoriali. In Sicilia, ai piedi dei Nebrodi, Nysura Distillery rappresenta una delle realtà italiane più attente alla sostenibilità: qui si distilla sotto vuoto, per preservare la purezza dei profumi delle botaniche spontanee del territorio – rosmarino, agrumi, fiori di sambuco – in un gin fresco e mediterraneo al naso, complesso e pulito al palato.
Dall’altra parte della Manica, nel cuore verde del Surrey, Silent Pool incarna l’eleganza britannica e la precisione artigianale. Ventiquattro botaniche locali, acqua di sorgente e un processo alimentato da energia rinnovabile danno vita a un gin dal profumo di miele, lavanda e agrumi, racchiuso in bottiglie riciclabili di vetro blu petrolio: un simbolo di raffinatezza e consapevolezza ambientale.
In Toscana, tra le colline del Chianti, Sabatini Gin racconta una storia di famiglia e di territorio: timo, salvia, finocchietto e lavanda diventano una sinfonia di note secche ed erbacee, che unisce la tradizione contadina toscana a uno spirito contemporaneo e cosmopolita.
Più lontano, a Healesville, in Australia, Four Pillars è stata la prima distilleria del Paese a ottenere la certificazione B Corp. Alimentata da energia solare e attenta al riciclo di agrumi e materiali, propone un “rare dry gin” dal carattere solare e speziato, dove pepe e cardamomo raccontano l’anima calda e vivace del continente.
Infine, tra le foreste e le nebbie di Bergen, Bareksten traduce in gin la potenza silenziosa del paesaggio norvegese. Distillato con botaniche selvatiche raccolte a mano e prodotto con rifiuti minimi, si distingue per il suo profilo scuro e balsamico: un distillato che sa di natura, mistero e profondità.
Bere gin oggi, insomma, non significa più solo scegliere un distillato, ma aderire a una nuova filosofia ed estetica. Il minimalismo nordico incontra l’artigianato mediterraneo, la trasparenza diventa linguaggio visivo, e il concetto di lusso si sposta dal raro al consapevole. I bicchieri si fanno più sottili, le tonalità virano verso il verde chiaro e l’acciaio satinato, i garnish diventano parte della scenografia e non decorazione. Anche la mise en place racconta un cambio di paradigma: ghiaccio calibrato, proporzioni armoniche, gesti precisi che trasformano il servizio in performance.
La nuova generazione di gin bar privilegia spazi luminosi e linee pulite, materiali naturali, superfici tattili. Si beve in silenzio o con musica curata, più vicina a un’esperienza sensoriale che a una serata mondana. È la dimensione del “quiet luxury” applicata al bere: il piacere del dettaglio, la sobrietà che diventa identità, la ricerca di una bellezza lenta. Il gin, da simbolo di evasione british, è diventato un linguaggio del presente — colto, attento, sostenibile. E il gin tonic, un tempo bevanda di transito, oggi è un gesto di stile che racconta chi siamo: un equilibrio fragile e sofisticato tra natura, cultura e desiderio.
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