Venezia e il Giappone. L’architettura rinascimentale e il contemporaneo. Due mondi apparentemente lontani che, in occasione della Mostra del Cinema, si sfiorano e si rifrangono tra calli, facciate scolpite, materiali lucidi e visioni estetiche. In questo dialogo silenzioso tra epoche e culture, Lexus si inserisce come una presenza coerente e mai invadente, con la sua flotta elettrificata che attraversa il Lido come un segno preciso su una tela già densa.
Fiore all’occhiello la nuova Lexus ES Full Electric, un’auto che non s’impone, ma si adatta. Non grida, ma si lascia osservare. Con le sue proporzioni tese, la luce che scivola sulla carrozzeria, la silenziosità di marcia e la cura dei dettagli, si muove in un ambiente che è già racconto. Il design diventa interpretazione del luogo, una forma di rispetto per lo spazio e per chi lo vive.
Nella stessa Venezia, tra i volumi classici dei palazzi e gli interni trasformati in luoghi espositivi, si aprono due finestre sull’estetica giapponese contemporanea: quelle delle installazioni di Kengo Kito e Mika Ninagawa. Volute da anonymous art project – progetto filantropico nato nel 2023 da un’idea dell’imprenditore Hiroyuki Maki – non sono collegate ufficialmente a Lexus, ma ne rispecchiano alcune tensioni visive e concettuali: l’arte come esperienza, il colore come costruzione, la forma come relazione. Tutti elementi che definiscono anche il linguaggio del marchio giapponese.
Nel cortile dell’Agrippa appena restaurato, Kengo Kito mette in scena The Lines, una foresta di cerchi colorati sospesi, realizzati con oggetti comuni – hula hoop, plastica industriale – ma trasformati in una struttura che vibra nello spazio. Il visitatore non guarda: entra, si muove, viene inglobato dal ritmo visivo. È arte partecipativa, in cui ripetizione e variazione diventano forma e pensiero. Come nel design Lexus, dove ogni dettaglio ha un senso e costruisce armonia.
A Palazzo Bollani, Mika Ninagawa ha costruito un immaginario visivo fatto di fiori sintetici, luci artificiali e simboli femminili. Il suo neomodernismo floreale esplode in saturazioni cromatiche che non decorano, ma raccontano. I fiori diventano elementi narrativi, tensione tra sacro e profano, memoria e immagine. L’ambiente si fa esperienza, come l’abitacolo di una Lexus pensato per coinvolgere tutti i sensi.
Kito e Ninagawa non lavorano sulla stessa estetica, ma condividono la stessa intenzione: trasformare lo spazio in relazione attiva. Entrambi giocano con le soglie – tra materiale e immateriale, tra reale e simbolico – così come fa Lexus, che non separa mai funzione ed emozione, tecnica e racconto. Sono artisti che non illustrano, ma costruiscono habitat. Proprio come un’auto Lexus, che non è un contenitore, ma un ecosistema mobile.
A distinguere Lexus è il fatto di non trattare il design come stile, ma come linguaggio concettuale. La filosofia L-Finesse, introdotta nel 2003, si basa su tre principi: Seamless Anticipation, ovvero la capacità di rispondere ai bisogni prima che emergano; Incisive Simplicity, l’equilibrio tra chiarezza e profondità; e Intriguing Elegance, il fascino che nasce dalla sorpresa sottile. Nulla è decorativo: tutto ha un senso, tutto è parte di un discorso.
Accanto alla L-Finesse agisce la Yet Philosophy, che interpreta il pensiero giapponese degli opposti come risorsa. Il termine yet significa eppure: l’auto è potente, eppure silenziosa; tecnologica, eppure umana; sicura, eppure emozionante. Non una somma di compromessi, ma una sintesi attiva.
«La nuova Lexus ES è l’espressione più compiuta della nostra visione: un’auto che si guarda, si ascolta, si tocca. Le superfici si modellano con la luce, la nostra clessidra – che da griglia diventa elemento di stile funzionale alla dinamica – non è solo una firma di design, ma una metafora del tempo che scorre» spiega Paolo Moroni, direttore di Lexus Italia. «Gli interni, curati come ambienti da abitare, restituiscono l’idea di un lusso che parla attraverso la forma e non ha bisogno di essere spiegato». Così, l’iconica clessidra Lexus non è più semplicemente griglia o calandra, ma un volto che si integra nel corpo stesso della vettura in un armonico incrocio tra forma e funzione, messaggio e contenuto.
Come nell’arte di Kito e Ninagawa, anche in Lexus c’è qualcosa che si rivela nel tempo. Non tutto è immediato. Ci sono dettagli che emergono solo dopo giorni di guida, forme che cambiano con la luce del mattino o al tramonto. È una bellezza stratificata, che non teme il silenzio, né l’attesa.
In un’epoca dominata dalla fretta, Lexus – come l’arte che la circonda a Venezia – offre un’esperienza che non si consuma, ma si sedimenta. E nel farlo, conferma che il vero lusso oggi non è apparire, ma lasciare un’impressione che non svanisce.