È la notizia che scuote il mondo della musica e della moda: Bad Bunny sarà il protagonista dell’halftime show del Super Bowl LX. L’annuncio, arrivato durante il Sunday Night Football, ha subito fatto esplodere i social. Il portoricano ha ringraziato dicendo: "This is for my people, my culture, and our history", sottolineando che questa non sarà solo un’esibizione ma un atto politico e culturale. In pochi anni Bad Bunny è diventato il simbolo di un movimento globale. Ha portato il reggaeton fuori dai confini di Porto Rico trasformandolo in fenomeno internazionale: ha battuto record di streaming su Spotify, ha vinto Grammy e Latin Grammy, ha riempito stadi in ogni continente. Ma soprattutto ha incarnato un’idea nuova di star contemporanea: libera dai confini di genere, capace di parlare tanto al pubblico latino quanto a quello americano ed europeo, sempre al centro di una narrazione che mescola musica, stile e cultura pop.
Perché Bad Bunny non è solo un cantante: è un’icona di moda. Dai look oversize e coloratissimi alle collaborazioni con adidas e Calvin Klein diventate cult, fino alla storica copertina di Vogue in abiti femminili, ha rotto tabù e imposto un’estetica nuova, giocosa e radicale. Sul palco alterna streetwear urbano e pezzi couture, occhiali futuristici e trench teatrali, mescolando suggestioni latine con l’avanguardia delle passerelle europee. Il suo halftime show sarà quindi un rito estetico oltre che musicale. Ci si può aspettare scenografie immersive, danze corali, costumi che raccontano una cultura, e magari ospiti speciali che porteranno sul palco l’intera comunità latina. Un colpo di scena che cambierà il rapporto tra l’NFL, simbolo di americanità tradizionale, e una cultura musicale nata nelle strade di San Juan.
Il Super Bowl è sempre stato molto più che sport: è uno spettacolo totale in cui la moda ha un ruolo fondamentale. Ecco cinque halftime show che hanno lasciato il segno non solo per la musica, ma per la loro capacità di fondere stile e performance.
Era il 2016 e Beyoncé trasformò il palco in un manifesto politico e fashion. Il suo look militare firmato DSquared2, ispirato a Michael Jackson, era al tempo stesso un omaggio e una dichiarazione di potere femminile. Accanto a Coldplay e Bruno Mars, la “Queen” rubò la scena con coreografie millimetriche, un corpo di ballo sincronizzato e un’estetica che mescolava rigore e sensualità. Quel momento fu anche un atto di empowerment afroamericano, capace di fare del costume un’arma visiva.
Nessuno aveva mai visto un ingresso simile: Lady Gaga si lanciò dal tetto dello stadio sospesa da cavi, intonando “God Bless America” prima di atterrare sul palco. Il suo body tempestato di cristalli Swarovski e gli stivali argentati erano un trionfo di glamour e ironia. Durante lo show cambiò look, confermando che per lei la performance è sempre anche una sfilata. Un halftime che ha ridefinito l’idea di pop couture, in cui ogni scelta estetica era parte integrante della narrazione.
La regina del pop scelse di presentarsi come imperatrice. Con un elmo dorato, un mantello nero e un esercito di ballerini-soldati, Madonna evocava l’antica Roma trasformata in show contemporaneo. Gli scudi, le armature, i costumi firmati Givenchy raccontavano una parabola di potere visivo. Ogni dettaglio era calcolato per costruire un’estetica monumentale, che consolidava la sua immagine di icona senza tempo.
Uno dei momenti più leggendari della storia del Super Bowl. Durante il suo show iniziò a piovere, ma Prince trasformò la pioggia in parte dello spettacolo. Con addosso un abito turchese e una camicia arancio, imbracciò la chitarra e intonò “Purple Rain” sotto un temporale vero. La potenza della musica e la forza dell’immagine — colori sgargianti contro il cielo grigio — crearono un’estetica irripetibile. Più che un concerto, un atto mitico di stile e resistenza.
Dopo anni di assenza, Rihanna tornò sul palco con un total look rosso firmato Loewe, silhouette essenziale e panciotto che rivelava la gravidanza. Il minimalismo diventava imponente, grazie a scenografie aeree e coreografie sincronizzate. La sua scelta di ridurre il costume a un colore e una forma netta si rivelò vincente: un urlo visivo che conquistò la platea globale, confermando come anche la semplicità possa trasformarsi in fashion statement planetario.
Il Super Bowl non è più soltanto sport: è la passerella pop più imponente al mondo. L’8 febbraio 2026, a Santa Clara, il reggaeton salirà sul palco più istituzionale d’America con Bad Bunny, pronto a trasformare l’halftime show in un carnevale estetico e culturale. Non sarà solo una performance, ma un touchdown di stile capace di ridefinire i confini della cultura pop. Dal battito delle strade di Porto Rico ai riflettori globali, il reggaeton è passato da linguaggio marginale a codice universale. Con oltre 100 milioni di spettatori davanti allo schermo, la sua consacrazione arriva proprio qui, nel cuore dell’America sportiva. Lo show promette di fondere streetwear, couture latina e scenografie immersive in un mosaico multiculturale. Una grammatica visiva che unisce mondi e pubblici diversi, portando sul palco un immaginario nuovo e riconoscibile.
Dopo Shakira, Jennifer Lopez, Santana ed Enrique Iglesias, Bad Bunny raccoglie il testimone e diventa il quinto artista latino a guidare l’halftime. Una scelta che ribadisce il peso crescente della musica latina nella cultura mainstream. In un’America che parla ancora soprattutto inglese, un artista che canta in spagnolo e porta con sé la diaspora latina è un segnale potente, specchio del presente e delle sue trasformazioni. Più che un concerto, sarà un racconto. E Bad Bunny, con il suo carisma e la sua estetica, non interpreterà soltanto uno show: scriverà un nuovo capitolo di storia visiva e culturale.
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