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24 settembre 2025

Zucchero compie 70 anni: un mito tra musica e stile

Il 25 settembre Zucchero compie 70 anni e si conferma icona di stile e di musica: voce roca, cappelli, giacche e stivali hanno costruito un’estetica unica quanto le sue canzoni. Dal blues emiliano ai palchi mondiali, ha trasformato autenticità e imperfezione in mito collettivo

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A settant’anni, Adelmo Fornaciari – per il mondo intero Zucchero – non è solo un uomo né solo un cantante ma piuttosto un linguaggio, una voce che ha attraversato generazioni e continenti, e che risuona come simbolo di libertà artistica. La sua cifra stilistica, roca e imperfetta, ha trovato da sempre un riflesso nell’immagine pubblica: un’estetica che non è stata mai mero ornamento, ma sostanza narrativa. Dai palchi emiliani al Mississippi, dalle piazze italiane ai grandi festival internazionali, Zucchero ha incarnato un’idea di musica che si lega al vissuto, alla terra, al corpo. La sua figura – cappelli a falda larga, occhiali scuri, giacche consumate come partiture – è rimasta impressa tanto quanto le note di Senza una donna, Diamante, Il Volo o Baila (Sexy Thing), Blu.

I successi di Zucchero: dal blues emiliano al mondo intero

La carriera di Zucchero è un catalogo di successi che hanno attraversato confini e generazioni. Album come Blue’s (1987), Oro, incenso e birra (1989) e Spirito DiVino (1995) hanno portato il blues in Italia e l’Italia nel mondo. Senza una donna, scritta insieme a Frank Musker, è diventata un classico internazionale, soprattutto nella versione in duetto con Paul Young. Diamante, dedicata alla nonna, resta una delle ballate italiane più amate di sempre. Miserere, composta con Bono e cantata con Pavarotti, è entrata nella storia come simbolo dell’incontro tra popolare e lirico. E poi Diavolo in me, Così celeste, Overdose d’amore, Baila (Sexy Thing): brani che hanno fatto ballare, emozionare e piangere milioni di persone. Con oltre 60 milioni di dischi venduti, Zucchero è l’artista italiano più internazionale dopo Andrea Bocelli.

Luciano Pavarotti e Zucchero
Luciano Pavarotti e Zucchero Fornaciari si esibiscono durante il concerto "Pavarotti and Friends 2003" il 27 maggio 2003 a Modena Credits: Getty Images

I cappelli di Zucchero: corone laiche di un re del blues

Il cappello, per Zucchero, non è mai stato un dettaglio. È un segno identitario, una dichiarazione di stile, quasi una corona laica. Ne possiede centinaia, ciascuno con una propria storia: cappelli ampi e decorati per i grandi eventi, modelli più sobri per i concerti intimi o le apparizioni pubbliche meno solenni. Indossati a Sanremo, a Hyde Park, nelle serate di Pavarotti & Friends, sono diventati parte integrante del personaggio. Ogni cappello riflette uno stato d’animo, un’epoca, un momento preciso del percorso artistico. Alcuni hanno assunto una dimensione quasi liturgica, altri hanno raccontato la semplicità di chi non ha mai dimenticato la propria radice contadina. In ogni caso, Zucchero li ha trasformati in simboli.

Zucchero e Sting
Zucchero e Sting si esibiscono durante il concerto benefico per il 30º anniversario del Rainforest Fund "We'll Be Together Again" al Beacon Theatre il 9 dicembre 2019 a New York Credits: Getty Images

Le giacche consumate: eleganza imperfetta e vissuta

Accanto ai cappelli, le giacche hanno scritto la sua estetica. Velluti sdruciti, lane ruvide, pellami segnati dal tempo: tessuti che raccontano storie, che portano addosso il segno della vita. A Sanremo, le sue giacche non temevano i riflettori perché già idealmente intrise di polvere di strada; nei tour internazionali dialogavano con la tradizione blues americana, mantenendo però una traccia mediterranea inconfondibile. Per Zucchero, l’eleganza non coincide mai con la perfezione formale: è piuttosto una narrazione fatta di rughe, cicatrici e memorie, un modo di abitare i vestiti che riflette lo stesso spirito con cui ha sempre abitato la musica.

Zucchero alla presentazione del nuovo album Discover
Zucchero alla presentazione del nuovo album "Discover" presso The Sanctuary Milano il 16 novembre 2021 Credits: Getty Images

Occhiali scuri e mistero: l’arte di custodire se stessi

Gli occhiali fumé hanno rappresentato un altro tratto distintivo di Zucchero. Non solo un accessorio scenico, ma una barriera discreta, un filtro tra sé e il pubblico. Schermano lo sguardo, ma lasciano parlare la voce e i gesti: una scelta estetica che racconta riservatezza e desiderio di protezione. Dietro quelle lenti, l’artista ha custodito la sua vulnerabilità, rivelando che lo stile può essere anche silenzio, sottrazione, capacità di non esibire tutto. È una lezione di eleganza maschile antica, che contrasta con la smania contemporanea di mostrarsi senza filtri. Zucchero, invece, ha sempre preferito che fossero i suoni e le emozioni, non lo sguardo diretto, a raccontare la sua verità.

Zucchero presenta album Black Cat
Zucchero presenta l’album 'Black Cat' il 28 aprile 2016 a Milano Credits: Getty Images

Gli stivali di Zucchero: radici contadine e anima da palco

Gli stivali, consumati e autentici, hanno completato l’iconografia zuccheriana. Non da passerella, ma da palco e da strada. Indossati nei tour come nei rientri in provincia, raccontano la fisicità dell’artista, il suo passo, il suo modo di occupare la scena. Sono simboli di radicamento: calpestano l’Italia rurale e insieme il terreno sacro del blues americano. Ogni graffio, ogni segno della pelle usurata, è parte di una biografia che non ha mai ceduto alla patina. Gli stivali parlano di viaggi, di notti in studio, di chilometri di palco ma, nonostante il successo planetario, Zucchero è rimasto sempre con i piedi ben piantati a terra.

Zucchero si esibisce al Concerto per il decimo Anniversario di Luciano Pavarotti
Zucchero si esibisce al Concerto per il 10º Anniversario di Luciano Pavarotti all'Arena di Verona il 6 settembre 2017 Credits: Getty Images

Un’estetica che diventa mito collettivo

Il guardaroba di Zucchero – cappelli, giacche, occhiali, stivali – è entrato nell’immaginario collettivo come codice stilistico di una ribellione elegante. Molti hanno provato a copiarlo, pochi ci sono riusciti, perché non si tratta di indossare un capo ma di infondergli vita. Questo legame tra estetica e identità ha reso il suo stile inseparabile dalla sua voce: entrambi ruvidi, caldi, imperfetti, eppure indimenticabili. È per questo che Zucchero, a differenza di tanti altri cantanti, è diventato icona non solo musicale ma anche visiva, un artista che ha fatto scuola non con la perfezione, ma con l’autenticità.

Zucchero si esibisce al Mediolanum Forum di Assago
Zucchero si esibisce al Mediolanum Forum di Assago il 2 marzo 2018 a Milano Credits: Getty Images

I sodalizi internazionali: quando il blues incontra l’opera

Zucchero non è stato soltanto un fenomeno estetico, ma anche una forza di relazioni. Memorabile il suo sodalizio con Luciano Pavarotti: insieme hanno dimostrato che il blues e l’opera possono fondersi in un linguaggio universale. Ma anche le collaborazioni con Eric Clapton, Sting, Bono, Ray Charles, B.B. King e Miles Davis hanno segnato la sua carriera. In ognuno di questi incontri, l’immagine e lo stile si sono adattati e trasformati: accanto a Clapton, le sue giacche erano più blues che mai, con Pavarotti, i cappelli assumevano la solennità di maschere teatrali, con Bono, la sua figura diventava ponte tra ribellione e spiritualità. Ogni sodalizio è stato dunque musica, certamente, ma anche estetica. Zucchero ha spesso parlato del suo approccio sincero alla musica, dell'importanza di restare fedele a sé stessi piuttosto che cercare l'approvazione generale. "Ognuno fa quello che sente di fare, ma non è che tutti devono sempre essere contenti". Questa affermazione riassume bene la sua filosofia: l’arte non è compromesso verso il consenso universale, ma un’espressione personale che può non piacere a tutti, ma che conserva comunque la sua verità.

Zucchero e Bono durante Net Aid
Zucchero e Bono durante Net Aid il 9 ottobre 1999 al Giants Stadium di Meadowlands, New Jersey, Stati Uniti Credits: Getty Images

Zucchero a 70 anni: eredità di stile e autenticità

Oggi, celebrando i suoi settant’anni, non si può separare il musicista dall’icona. La sua eredità non si misura solo in milioni di dischi venduti, in concerti sold out o in canzoni che hanno fatto la storia, ma anche nell’aver insegnato a generazioni di artisti e spettatori che si può essere eleganti nella dissonanza, autentici nell’imperfezione, grandi proprio perché si resta veri. Il cappello calato sugli occhi non è un gesto vintage, ma un atto di stile e di ribellione che continua a parlare. La voce roca non è una reliquia, ma la prova che l’arte resiste al tempo. Zucchero, a settant’anni, resta un ribelle gentiluomo che ha fatto scuola e che, probabilmente, continuerà a farla.

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