Vivienne Westwood in mostra. A Lisbona (e poi a Melbourne) va in scena la moda “battagliera”
In esposizione gli abiti e gli accessori con cui la stilista britannica Vivienne Westwood ha riscritto le convenzioni della moda, tra impegno per l’ambiente e denuncia politica
Non semplici abiti, non semplici defilé. Per Vivienne Westwood, la moda è stata una forma di attivismo politico, sociale e ambientale. Sulle passerelle la stilista britannica scomparsa nel 2022 ha fatto sfilare le proprie idee sui diritti di tutti. Collezioni dirompenti, fatte di simboli precisi, che hanno scardinato canoni e regole.

Appuntamento a Lisbona
Per ripercorrere la storia della sua griffe, chi questa estate farà tappa a Lisbona potrà visitare la mostra Vivienne Westwood. Il salto della tigre, in programma al MUDE - museo del design di Lisbona - fino al 12 ottobre.

Da vedere ci sono circa 50 tra abiti e accessori che la stilista londinese ha creato tra il 1977 e il 2001, per denunciare l'inazione politica e aziendale di fronte a catastrofi ambientali, al commercio di armi, agli attacchi ai diritti umani, alle carceri illegali e alle disuguaglianze. L'esposizione racconta come Vivienne ha sempre parlato del presente per dare il suo contributo al futuro, ma sempre scavando nel passato, regola aurea nel mondo della moda.

Per capirlo basta tornare agli albori della sua carriera, quando insieme con il suo compagno Malcolm Robert Andrew McLaren, produttore discografico, cantante e creatore dei Sex Pistols, creò l'abbigliamento che ispirò il movimento punk, reinterpretando gli elementi emblematici della cultura britannica, come il tartan. Questo simbolo dei monarchi è stato dalla Westwood riproposto alle subculture giovanili, strappato e trafitto da spilloni e lamette per rendere plastica la protesta verso la società consumistica.

Storia simile per “The Orb“, l’antico gioiello emblema del potere dei sovrani britannici. La croce montata su un globo rappresentava il mondo cristiano, le fasce di gioielli che lo dividono i tre continenti conosciuti in epoca medievale. Vivienne svuotò di sacralità anche questo simbolo facendolo diventare il marchio di fabbrica della sua griffe.

La stilista inglese ha poi reinventato elementi della storia del costume, come la crinolina, il bustle e il corsetto, proponendo silhouette scultoree e decise, sempre in stretta interazione con il corpo femminile. Il corpo della donna, appunto, un elemento quasi sacro, sempre al centro sella sua riflessione sui concetti di femminilità, genere e sessualità. Per lei hanno sfilato le più grandi top model della storia della moda, da Naomi Campbell a Carla Bruni a Kate Moss.

Appuntamento a Melbourne
Ma c’è un’altra stilista rivoluzionaria che negli stessi anni, ma dall’altra parte del mondo, il Giappone, creò un altro marchio sovversivo e anticonvenzionale, Comme des Garçons. Vivienne non ha mai incontrato Rei Kawakubo, ma oggi per la prima volta le visioni radicali delle due designer nate a un anno di distanza l’una dall’altra (nel 1941 Vivienne a Londra e nel 1942 Rei a Tokyo) dialogheranno a distanza ravvicinata nella mostra Westwood | Kawakubo - dal 7 dicembre 2025 al 19 aprile 2026 - alla National Gallery of Victoria di Melbourne.
Un confronto tra due donne che hanno infranto le regole della moda per trasformarla ogni volta in un messaggio, una sveglia per le menti sedute nel parterre, e non solo.

A Melbourne verranno esposte oltre 140 creazioni, tra prestiti selezionati da musei internazionali e collezioni private. Attraverso cinque sezioni, la mostra racconterà i punti che accomunano Westwood e Kawakubo: Punk e Provocazione (fatta di grafiche e borchie); Rottura (quella che ha infranto i canoni della moda); Reinvenzione (che ha esplorato la contaminazione tra passato e presente); Il Corpo (quello esposto delle donne) e il Potere dei vestiti (la moda come manifesto politico).

Della Westwood ci sarà il sapore della Londra Anni 70: maglie strappate, grafismi osceni, sartorialità ottocentesca riplasmata. Kawakubo risponderà con volumi destrutturati, vestiti-scultura e gingham iperbolici.

Due poetiche capaci di liberare il corpo, politicizzare la moda e lasciare davvero un segno.
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