Venezia 82: il cinema ricorda Giorgio Armani
Un legame speciale quello di Giorgio Armani con il Festival del Cinema di Venezia, che oggi lo piange e lo ricorda. Domani la consegna del premio più ambito
Nel giorno in cui il mondo piange la scomparsa di Giorgio Armani, Venezia si prepara all'ultimo atto della Mostra del Cinema.
Armani ha avuto un legame speciale con Venezia e con il suo Festival del Cinema, un rapporto che ha sempre alimentato e celebrato nel corso della sua straordinaria carriera.
Tra i migliaia di messaggi di cordoglio anche quello del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che in una nota esprime il suo dolore per la scomparsa dello stilista:
"Ho avuto l'onore, nel 2023, di consegnargli a Venezia il Leone d'Oro forgiato nelle fornaci di vetro di Murano - ricorda Brugnaro - un riconoscimento che come città abbiamo voluto tributare a un grande italiano, che ha saputo dare valore al talento e all'ingegno dei nostri artigiani portandoli su scala internazionale."
Venezia attende il premio più ambito
Ad un giorno dalla chiusura, la Mostra del Cinema di Venezia 2025 si conferma come una delle edizioni più intense e politiche degli ultimi anni.
La selezione ha portato in Laguna film che interrogano il presente con sguardi lucidi, spesso dolorosi, senza perdere però il senso del cinema come forma di racconto — e resistenza.
La guerra, le crisi umanitarie, il peso del potere e la ricerca di un senso dentro (o fuori) dalla famiglia sono stati i veri protagonisti di questa 82ª edizione. E se The Voice of Hind Rajab è diventato in poche ore il frontrunner per il Leone d’Oro, il concorso ha offerto molte altre opere da ricordare.
La guerra, la paura, la voce dei bambini
Il film che ha sconvolto la Mostra — e forse segnato un prima e un dopo — è The Voice of Hind Rajab della tunisina Kaouther Ben Hania. Basato su una storia vera, racconta il dramma di una bambina rimasta intrappolata in un’auto durante un attacco a Gaza. La regista sceglie una forma ibrida, tra finzione e documentario, ma a guidare tutto è la verità: quella della voce reale della piccola Hind, registrata al telefono mentre chiede aiuto.

Un’ora e mezza di cinema che non si guarda: si attraversa. Con lucidità e senza retorica, Ben Hania costruisce un’esperienza emotiva dalla quale è impossibile uscire indenni. È il film di Venezia 82 per forza e necessità, e per molti sarà anche il Leone d’Oro annunciato.
La minaccia nucleare secondo Kathryn Bigelow
Un altro film che ha fatto discutere, ed è piaciuto molto alla stampa italiana e internazionale è stato A House of Dynamite di Kathryn Bigelow. Un thriller teso, durissimo, che racconta 16 minuti di allarme nucleare dilatati in 90 minuti di tensione purissima.

Tre stanze — il Pentagono, la Casa Bianca, una base segreta — e tre personaggi: una stratega della Difesa (Rebecca Ferguson), un tecnico militare, e il Presidente degli Stati Uniti (Idris Elba, che evoca Obama in chiave più umana e vulnerabile). Il film non ha una risoluzione semplice, ma un’idea chiara: viviamo in una casa di dinamite e il disastro è sempre più vicino. Bigelow prende i cliché del cinema catastrofico americano e li ribalta, con intelligenza e umanità.
Frankenstein siamo noi
Tra i titoli più attesi e divisivi, Frankenstein di Guillermo Del Toro ha conquistato gran parte della stampa internazionale. Non un horror, ma un’opera lirica sulla solitudine e il rifiuto, che riporta al centro la Creatura come figura tragica e commovente.

Jacob Elordi sorprende nel ruolo del mostro, in una performance intensa e vulnerabile. Accanto a lui, Oscar Isaac (un Frankenstein carismatico e cupo) e Mia Goth, che dà profondità a Elizabeth. Del Toro ha definito il film "la storia della mia vita", e si percepisce: è un’opera fatta di carne, poesia, abbandono e pietà. Potrebbe non vincere il Leone, ma quasi certamente porterà a casa un premio importante.
Il potere, la grazia, la solitudine
Nel cinema italiano, il titolo più discusso è La grazia di Paolo Sorrentino. Il protagonista è Mariano De Santis, Presidente della Repubblica, anziano, vedovo, con una fede profonda e una lunga carriera da giurista.

Mentre il suo mandato volge al termine, deve affrontare due decisioni cruciali: concedere o meno la grazia a due condannati per omicidio in circostanze complesse, e promulgare una legge sull’eutanasia. Un film denso, che riflette sulla responsabilità individuale e sul peso delle scelte. È un Sorrentino più asciutto, che abbandona gli eccessi visivi per un cinema più interiore. Potrebbe vincere per la sceneggiatura.
Famiglie, silenzi e legami spezzati
Il grande ritorno di Jim Jarmusch con Father, Mother, Sister, Brother è un film in capitoli che riflette sui legami familiari, i traumi non detti, le distanze invisibili tra genitori e figli. Con Adam Driver, Cate Blanchett e Tom Waits, Jarmusch ritrova lo stile dei suoi esordi, ma con una maturità nuova, intima.
Miti, bianco e nero, sospensioni
Tra le opere più poetiche e visivamente potenti c’è Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi, documentario che trasfigura il reale in un bianco e nero rarefatto. Prima dell’arrivo di Hind Rajab, era il favorito assoluto della stampa estera.
Altro film “sospeso” è L’Étranger di François Ozon, libero adattamento del romanzo di Camus. Un’opera sull’alienazione e l’incomunicabilità, elegante e minimale, girata in un bianco e nero che riporta il cinema all’essenziale.
Chi vincerà il Leone d’Oro?
Tutti gli indizi portano a The Voice of Hind Rajab. Dopo l’ovazione in Sala Grande, la stampa italiana ed estera lo ha messo in cima a ogni classifica. È un film “necessario” ma anche formalmente rigoroso. E in tempi in cui la cronaca rischia di diventare rumore, il cinema che restituisce dignità al silenzio ha più che mai senso.
Subito dietro:
Frankenstein di Del Toro,
A House of Dynamite di Bigelow,
Sotto le nuvole di Rosi,
No Other Choice di Park Chan-wook,
Valeria Bruni Tedeschi per Duse e Amanda Seyfried per The Testament of Anne Lee sono le favorite per la Coppa Volpi femminile. Mentre per il premio maschile la sfida è tra Paul Dano (Il mago del Cremlino) e il francese Bastien Bouillon (À pied d’œuvre).
Un festival che lascia il segno
Venezia 82 ha mostrato che il cinema può ancora essere un luogo in cui guardare in faccia il mondo e che le storie — se raccontate con coraggio, precisione e grazia — non sono mai solo storie. Ma strumenti per restare umani.
A decidere i vincitori della 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica sarà la giuria presieduta dallo statunitense Alexander Payne, regista e sceneggiatore due volte premiato con l’Oscar. Accanto a lui, un gruppo di voci autorevoli e internazionali: il francese Stéphane Brizé, l’italiana Maura Delpero, il rumeno Cristian Mungiu, l’iraniano Mohammad Rasoulof, la brasiliana Fernanda Torres e la cinese Zhao Tao.
Il verdetto è atteso per sabato 6 settembre.
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