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CRONACA
03 giugno 2025

Delitto di Garlasco, parla il giudice che assolse Stasi: "Meglio un colpevole fuori che un innocente dentro"

Il giudice che assolse Alberto Stasi in primo grado parla a Quarta Repubblica: "Era sacrosanto assolvere, lo rifarei altre mille volte"

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A distanza di quasi 18 anni, il caso del delitto di Garlasco è tornato al centro dell’attenzione mediatica e giudiziaria. Le nuove indagini avviate dalla Procura di Pavia avrebbero spinto gli inquirenti a riesaminare gli atti del processo che avrebbe visto imputato Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007.

Il magistrato Stefano Vitelli, il giudice dell’udienza preliminare che nel 2009 assolse Stasi in primo grado interviene a Quarta Repubblica: "Per me era sacrosanto assolvere e per me, nel senso per me come giudice, non era una sconfitta. Io dovevo giudicare Alberto Stasi sulla base degli elementi portati dalla pubblica accusa. Nel momento in cui ho ritenuto non fossero sufficienti a provare oltre ogni ragionevole dubbio la sua responsabilità, io in scienza e coscienza dovevo assolvere".

Secondo il magistrato, fu una affermazione dello Stato di diritto: "Non è una sconfitta dello Stato, anzi è una vittoria. È intollerabile per uno Stato liberale democratico sopportare un rischio concreto di mettere un innocente in galera. È intollerabile. Io mi sono trovato di fronte a una situazione di concreta incertezza".

I punti chiave del delitto di Garlasco: alibi informatico e DNA

Il magistrato Stefano Vitelli parla a Quarta Repubblica
Il magistrato Stefano Vitelli parla a Quarta Repubblica

Uno degli elementi decisivi per l’assoluzione sarebbe stato il cosiddetto “alibi informatico”. Il giudice avrebbe disposto una perizia indipendente sul computer di Alberto Stasi, sequestrato dai carabinieri: "Vi erano state delle procedure scorrette da parte dei carabinieri nel visionare a fini investigativi il personal computer sequestrato ad Alberto Stasi. Ho nominato dei periti molto bravi che dopo un lunghissimo lavoro sono riusciti a pulire i dati e a arrivare alla conclusione sorprendente per tutti, anche per me, per cui Stasi aveva lavorato alla Sesi nelle ore centrali della mattinata".

Quanto agli elementi accusatori, il più discusso sarebbe stato il DNA di Chiara sul pedale della bicicletta di Stasi: "La vicina di casa aveva dichiarato fin dall’inizio di aver visto una bicicletta da donna che non corrispondeva a quella di Alberto Stasi. Anche qui c’era qualcosa che non combaciava".

Secondo il giudice, a mancare sarebbe stata un’indicazione concreta, come spesso accade nei delitti violenti: "Nell’omicidio normalmente c’è sangue. C’è sangue sulle tue scarpe, c’è sangue sui tuoi vestiti. Qui l’indizio era un indizio fondato sulla circostanza negativa, non che tu avessi il sangue, ma che tu non l’avessi. Questo porta una serie di difficoltà logico-fattuali mica da poco".

Vitelli chiude: "È meglio un colpevole fuori che un innocente dentro. Pensiamo a Garlasco, comunque vada, perché è un caso emblematico del valore, del principio del ragionevole dubbio. Ho ritenuto sacrosanto assolvere Alberto Stasi e lo rifarei altre mille volte".

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