Pupo: “Il mio nipotino chiama nonna sia mia moglie che la mia amante”
Il cantante, in un'intervista al Corriere della Sera, parla della bigamia: "Mi invidiano? Fanno male"

Il successo, la ricchezza, i debiti, la dipendenza dal gioco d'azzardo, l'amore per la sua famiglia e le sue due compagne: Pupo si racconta in un'intervista al Corriere della Sera. Parlando della sua vita insieme ad Anna, sposata nel 1974, e a Patricia, a cui è legato dal 1989: "Mi invidiano? Fanno male. È un percorso che non ho scelto io. Perché è difficile. C’è sofferenza. È troppo facile liquidarlo così". E continua: "Sto da 50 anni con la moglie, da 33 con l’amante. Lei pensa che sia stata una cosa semplice?". Per quanto riguarda Anna e Patricia: "Ho avuto a che fare con due donne speciali. Io da queste due donne sono stato migliorato. Loro mi hanno insegnato la lealtà".
Le figlie e i nipoti di Pupo
Il cantante afferma di vivere con serenità la sua famiglia allargata, composta, oltre che da Anna e Patricia, da tre figlie: Ilaria, Valentina e Clara - la primogenita e la terzogenita sono nate dal matrimonio con Anna. La secondogenita invece dalla relazione con una fan -, e da tre nipoti: Leonardo (22 anni), Viola (12 anni) - figli di Ilaria - e Matteo (di 8 anni) - figlio di Valentina. "Quanto amore ricevo dalla mia famiglia. Ho un bellissimo rapporto con le mie figlie", afferma Pupo. E parlando del nipotino Matteo: "Lui chiama nonna sia Anna che Patricia".
Pupo, il gioco d'azzardo, i debiti e il tentato suicidio
Nell'intervista, Pupo ha parlato anche della dipendenza dal gioco d'azzardo che l'ha portato a contrarre tanti debiti e a tentare persino il suicidio. "A 25 anni ero miliardario. Pochi anni dopo ero indebitato per 7 miliardi", racconta il cantante. Pupo era entrato in un tunnel che nel 1989 l'ha portato vicino alla morte: "Tornavo dal Casinò di Venezia. La banca mi massacrava per uno scoperto di 70 milioni di lire. Io avevo un fido di 50 milioni dal casino di Venezia. E li c’erano anche gli usurai. Andai per prendere il denaro a prestito e tacitare la banca. Non vinsi, ma persi altri 50 milioni". Ricordando quel terribile giorno: "Mentre tornavo riflettevo sulla mia condizione di... ricco coi debiti. Così ho parcheggiato sulla piccola corsia d’emergenza del viadotto con l’idea di farla finita. Ero sconvolto, non vedevo vie d’uscita. Era notte, fra sabato e domenica, e i Tir non circolavano. Tutti meno uno: quello che mi sfiorò a un millimetro. Lo spostamento d’aria mosse la macchina di qualche centimetro e mi riportò alla ragione".